Direttore Responsabile:

Susanna Della Felice

Coordinatore di Redazione:

Lapo Mariani

parere

Avvocato: in caso di separazione consensuale con mandati conferiti ad avvocati diversi è possibile che ciascuno assista il proprio cliente nelle controversie successive

Viene sottoposto a questo Consiglio il seguente quesito:

Vi è una vicenda conflittuale tra coniugi che sfocia nella presentazione di un ricorso giudiziale congiunto per separazione consensuale con i ricorrenti assistiti da avvocati diversi.

Successivamente emerge l’instaurazione di un procedimento penale in cui il marito  è imputato con l’accusa di maltrattamenti in famiglia ex art. 572, comma 2, CP, con persone offese la moglie e la figlia minore.

L’avvocato che nell’ambito del procedimento di separazione ha assistito esclusivamente il marito/padre chiede se vi siano ragioni ostative all’assunzione della difesa di costui nel procedimento penale per maltrattamenti in famiglia.

Risposta al quesito

L’art. 68 del codice deontologico forense (“c.d.f.”), stabilisce al comma 4 che:

“1. L’avvocato può assumere un incarico professionale contro una parte già assistita solo quando sia trascorso almeno un biennio dalla cessazione del rapporto professionale.

2. L’avvocato non deve assumere un incarico professionale contro una parte già assistita quando l’oggetto del nuovo incarico non sia estraneo a quello espletato in precedenza.

3. In ogni caso, è fatto divieto all’avvocato di utilizzare notizie acquisite in ragione del rapporto già esaurito.

4. L’avvocato che abbia assistito congiuntamente coniugi o conviventi in controversie di natura familiare deve sempre astenersi dal prestare la propria assistenza in favore di uno di essi in controversie successive tra i medesimi.

5. L’avvocato che abbia assistito il minore in controversie familiari deve sempre astenersi dal prestare la propria assistenza in favore di uno dei genitori in successive controversie aventi la medesima natura, e viceversa.

6. La violazione dei divieti di cui al comma 1 e 4 comporta l’applicazione della sanzione disciplinare della sospensione dall’esercizio dell’attività professionale da due a sei mesi. La violazione dei doveri e divieti di cui ai commi 2, 3 e 5 comporta l’applicazione della sanzione disciplinare della sospensione dall’esercizio dell’attività professionale da uno a tre anni.”.

Come noto, l’incarico di assistenza è conferito all’avvocato mediante apposito contratto di mandato. Le indicazioni del mandato identificano sia il soggetto incaricato dell’assistenza, sia il soggetto in favore del quale l’opera di assistenza dell’avvocato viene svolta.

Solo qualora l’incarico venga conferito all’avvocato da due soggetti sulla base di un mandato congiunto la fattispecie ricade all’interno della previsione, e del conseguente divieto, del comma 4 dell’art. 68 c.d.f.

Nel caso in cui, anche in caso di presentazione di un ricorso congiunto di separazione consensuale, ciascuno dei coniugi abbia conferito mandato separato a un proprio professionista di fiducia, non si è in presenza di un mandato congiunto ma di due mandati separati e, quindi, non sussistono i presupposti per l’applicazione del comma 4 dell’art. 68 c.d.f.

Dalla narrativa dei fatti non sembrano sussistere neanche i presupposti per l’applicazione del comma 5 dell’art. 68 c.d.f.

In assenza dei presupposti per l’applicazione al caso concreto dei commi 4 e 5 dell’art. 68 c.d.f. si applicano all’avvocato i divieti contenuti negli altri commi della stessa norma, che comunque non fanno divieto all’avvocato di rappresentare il proprio cliente in procedimenti giudiziari contro la stessa parte o persone a essa collegate.

Ci corre infine l’obbligo di precisare che:

– con la nuova disciplina dell’ordinamento della professione forense “il potere disciplinare appartiene ai consigli distrettuali di disciplina forense” e dunque non rientra più tra i compiti e le prerogative del Consiglio dell’Ordine;

– ne consegue che i pareri in materia deontologica che gli iscritti richiedono al Consiglio dell’Ordine vengono da questo rilasciati in termini generali e non assumono né possono assumere, in eventuali procedimenti disciplinari, alcuna funzione orientativa né tantomeno vincolante del giudizio del Consiglio Distrettuale di Disciplina né rilevare quali esimente dell’iscritto sotto il profilo soggettivo;

– pertanto, è possibile che il Consiglio Distrettuale di Disciplina, nella sua autonoma valutazione di comportamenti concretamente tenuti, possa pervenire a conclusioni diverse da quelle fatte proprie dal Consiglio.