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parere

Avvocato. Incompatibilità e nomina del professionista quale rappresentante fiscale ai fini Iva da parte di società non residenti in Italia.

L’art. 18 della legge n.47 del 2012 individua quattro macroaree di incompatibilità con la professione di avvocato e precisamente:
a) l’esercizio di qualsiasi attività (diversa da quella forense) di lavoro autonomo svolta continuativamente o professionalmente, fatte salve le attività espressamente escluse dal divieto (di carattere scientifico, letterario, artistico e culturale, di notaio), mentre è consentita l’iscrizione nell’albo dei commercialisti e degli esperti contabili, nell’elenco dei pubblicisti e nel registro dei revisori contabili, o nell’albo dei consulenti del lavoro;
b) l’esercizio di qualsiasi attività di impresa commerciale svolta in nome proprio, o in nome o per conto altrui (fatta salva l’assunzione di incarichi di gestione e vigilanza nelle procedure concorsuali, o in procedure di crisi d’impresa);
c) l’assunzione della qualità di socio illimitatamente responsabile, o di amministratore, di società di persone, aventi quali finalità l’esercizio di attività di impresa commerciale, in qualunque forma costituite, nonché con la qualità di amministratore unico, o consigliere delegato di società di capitali anche in forma cooperativa, nonché con la qualità di presidente del consiglio di amministrazione con poteri individuali di gestione, a meno che l’oggetto dell’attività della società sia limitato esclusivamente all’amministrazione di beni personali, o familiari, nonché per gli enti e consorzi pubblici e per le società a capitale interamente pubblico;
d) l’esercizio di attività di lavoro subordinato anche se con orario di lavoro limitato.
Innanzitutto, occorre escludere la ricorrenza dell’ipotesi sub d), tenuto conto che la nomina quale rappresentante fiscale ai fini Iva da parte di società non residenti in Italia può avvenire anche senza rapporto di subordinazione, considerato che tale rappresentante svolge attività di consulenza e supporto fiscale-contabile a società non residenti al fine di versare o recuperare l’IVA negli acquisti o vendite da dette società posti in essere nel territorio italiano secondo il DPR n.633/1972.
Pertanto, in tal caso, l’attività in esame configura un ufficio di diritto privato, assimilabile al mandato con rappresentanza, al di fuori dello schema societario e/o dell’impresa, con esclusione dell’ipotesi di incompatibilità di cui sub c).
Inoltre, quanto rilevato circa la ricostruzione della figura in esame quale mandatario con rappresentanza di società non residenti, ma ai soli fini di adempiere alle obbligazioni tributarie, secondo la specifica previsione di cui all’art.17, c.3 del DPR n.633/1972 è sufficiente ad escludere la ricorrenza dell’ipotesi di incompatibilità di cui sub b) posto che l’interessato, non agendo in proprio, non esercita nemmeno attività di impresa commerciale in nome altrui.
Residua l’ipotesi di cui sub a) potendo rilevare, in tesi, l’esercizio della funzione in esame come attività di lavoro autonomo svolta continuativamente, o professionalmente.
Va in contrario osservato che l’attività di rappresentante fiscale ai soli fini IVA consiste nell’esercizio di un mandato con rappresentanza conferito da soggetti, in nome e per conto dei quali egli agisce e l’esecuzione di mandati, consistenti nel compimento di attività giuridica per conto ed (eventualmente) in nome altrui è esattamente uno dei possibili modi di svolgimento dell’attività professionale forense, con la conseguenza che la circostanza che essa sia svolta con continuità non aggiunge né toglie nulla alla sua legittimità di fondo quale espressione, appunto, di esercizio della professione.
Tuttavia, potrebbe obiettarsi che, se non sul piano della continuatività, è su quello dell’attività svolta professionalmente che potrebbe scorgersi un profilo di incompatibilità.
A questo proposito va detto, anzitutto, che tale attività non è propria di una specifica professione vera e propria, o quanto meno di una professione regolamentata.
D’altra parte, anche quando il riferimento allo svolgimento in forma professionale dovesse intendersi come allusione ad un modo di esercizio di un’attività che richiede competenze, un minimo di qualificazione e rappresentante fonte reddituale, la riconducibilità dell’attività all’area del mandato e di quest’ultimo ad una modalità di esercizio della professione forense, finisce per riferire a quest’ultima il citato requisito.
Ovviamente la ritenuta compatibilità produrrà riflessi anche sul piano della disciplina fiscale e previdenziale della vicenda, dovendo il relativo reddito presumibilmente considerarsi di natura professionale e quindi, tra l’altro, soggetto anche a contribuzione a favore della Cassa Nazionale di Previdenza ed Assistenza Forense.