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Lapo Mariani

parere

Avvocato: l’obbligo assicurativo di cui al novellato art. 12, comma 2 della L. n. 247/2012 riguarda solo i rapporti di collaborazione che il praticantato forense svolto all’interno di uno studio legale implica

E’ stato richiesto a questo Consiglio di esprimere un parere circa l’ambito applicativo dell’art. 12 comma 2 della L. 247/2012, nel testo attualmente vigente all’indomani della modifica apportatavi dall’art. 19 novies, D.L. 16.10.2017, n. 148, così come inserito dall’allegato alla legge di conversione, L. 04.12.2017, n. 172, che recita: …all’avvocato, all’associazione o alla societa’ tra professionisti è fatto obbligo di stipulare, anche per il tramite delle associazioni e degli enti previdenziali forensi, apposita polizza a copertura degli infortuni derivanti ai propri collaboratori, dipendenti e praticanti in conseguenza dell’attivita’svolta nell’esercizio della professione anche fuori dei locali dello studio legale, anche in qualita’ di sostituto o di collaboratore esterno occasionale.

La previsione contenuta nel successivo comma 4 del suddetto art. 12 di un illecito disciplinare integrato dal mancato assolvimento dei detti obblighi attribuisce alla questione un indubbio rilievo ordinamentale. E in materia disciplinare è sostenuta la tesi secondo la quale il catalogo delle previsioni di parte speciale (titoli da II a VI) non esaurisce i possibili fatti disciplinarmente rilevanti.

Gli obblighi datoriali nei confronti dei lavoratori subordinati previsti dalle leggi in materia esauriscono il tema dei rapporti fra i detti soggetti e l’avvocato (e dunque, per fare riferimento alla situazione più ricorrente, in nessun modo la norma in questione innova ai fini del rapporto fra l’avvocato ed il personale di segreteria).

L’entrata in vigore dell’articolo 54-bis del decreto-legge 24 aprile 2017, n. 50, introdotto dalla legge di conversione 21 giugno 2017, n. 96, recante norme in materia di collaborazione occasionale, esaurisce dal canto suo gli obblighi che nascono da detta tipologia di rapporto fra l’avvocato ed i collaboratori, diversi dagli avvocati e dai praticanti avvocati, chiamati, appunto occasionalmente, a svolgere funzioni di supporto quali il disbrigo di affari presso le conservatorie, gli uffici postali e simili.

Una lettura ragionevole della norma in questione, impone di escludere dall’ambito applicativo di essa i rapporti fra colleghi consistenti nella nomina a sostituto processuale riferita ad un singolo affare e che si instaurino esclusivamente nell’ambito delle attività di assistenza e difesa in giudizio.

Nessun rapporto di collaborazione anche occasionale che possa rilevare ex art. 12 comma 2 L. 247/2012, deve dunque ritenersi instaurato nel caso in cui vi sia nomina a sostituto processuale per un singolo affare ai sensi dell’art. 102 del codice di procedura penale piuttosto che dell’art. 14 comma 3 della L. 247/2012, sia che l’incarico di sostituto processuale sia svolto gratuitamente, per mero spirito di colleganza, ovvero sia retribuito, dal cliente ovvero dall’avvocato.

Il consulente tecnico di parte che sia nominato nel giudizio ai sensi degli artt. 225 e 233 del codice di procedura penale piuttosto che ai sensi degli artt. 87 e 201 del codice di procedura civile, e dunque ancora una volta per un singolo affare, per le stesse ragioni  deve parimenti ritenersi assolutamente estraneo all’ambito applicativo del prefato art. 12.

Si ritiene  che dunque restino nel fuoco della norma scrutinata soltanto i rapporti di collaborazione, ulteriori rispetto alla sostituzione processuale, che il praticantato forense svolto all’interno di uno studio legale implica, vi sia o meno abilitazione al patrocinio sostitutivo, ed è ai rapporti fra dominus e praticante/collaboratore che deve ritenersi riferito l’obbligo ex art.12 comma 2 per l’avvocato  di munirsi di una copertura assicurativa anche contro gli infortuni dei terzi, ovviamente comprensiva anche delle attività da questi svolte in veste di sostituto processuale.

Ci corre l’obbligo infine di precisare che:

– con la nuova disciplina dell’ordinamento della professione forense il “potere disciplinare appartiene ai consigli distrettuali di disciplina forense” (art 50 L.247/2012) e dunque non rientra più tra i compiti e le prerogative del Consiglio dell’Ordine;

– ne consegue che i pareri in materia deontologica che gli iscritti richiedono al Consiglio dell’Ordine vengono da questo rilasciati in termini generali e non assumono né possono assumere, in eventuali procedimenti disciplinari, alcuna funzione orientativa né tantomeno vincolante del giudizio del Consiglio Distrettuale di Disciplina né rilevare quale esimente dell’iscritto sotto il profilo soggettivo;

– pertanto è possibile che il Consiglio Distrettuale di Disciplina, nella sua autonoma valutazione dei comportamenti concretamente tenuti, possa pervenire a conclusioni diverse da quelle fatte proprie dal Consiglio anche per quanto riguarda l’elemento soggettivo.