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Susanna Della Felice

Coordinatore di Redazione:

Lapo Mariani

parere

Avvocato: sulla legittimità dell’inserimento del nome di un avvocato sul materiale pubblicitario di una società

1. Quesito. Viene richiesto a questo Consiglio se il nome di un avvocato con il titolo ed il logo dello studio professionale possa essere inserito a scopo informativo sul materiale pubblicitario di una società con la quale il medesimo legale collabora. Più precisamente è stato chiesto se il fatto di inserire su cataloghi, depliant et similia di una società che effettua servizi di formazione l’indicazione che vi è collaborazione con un determinato avvocato, si ponga in contrasto con le norme deontologiche forensi.

2. Norme rilevanti e giurisprudenza. Vengono in rilievo l’art. 35 – Dovere di corretta informazione” e l’art. 37 – Divieto di accaparramento di clientela. del Codice deontologico forense (c.d.f.), i quali, nelle parti rilevanti stabiliscono a carico dell’avvocato:

Art. 35: il dovere di verità, correttezza, trasparenza, segretezza e riservatezza, nonché l’obbligo di indicare il titolo professionale, la denominazione dello studio e l’Ordine di appartenenza. Le forme e le modalità delle informazioni devono comunque rispettare i principi di dignità e decoro della professione. La violazione dei doveri di cui ai precedenti commi comporta l’applicazione della sanzione disciplinare della censura.

Art. 37: “1. L’avvocato non deve acquisire rapporti di clientela a mezzo di agenzie o procacciatori o con modi non conformi a correttezza e decoro. 2. L’avvocato non deve offrire o corrispondere a colleghi o a terzi provvigioni o altri compensi quale corrispettivo per la presentazione di un cliente o per l’ottenimento di incarichi professionali. 3. Costituisce infrazione disciplinare l’offerta di omaggi o prestazioni a terzi ovvero la corresponsione o la promessa di vantaggi per ottenere difese o incarichi. 4. E’ vietato offrire, sia direttamente che per interposta persona, le proprie prestazioni professionali al domicilio degli utenti, nei luoghi di lavoro, di riposo, di svago e, in generale, in luoghi pubblici o aperti al pubblico. 5. E’ altresì vietato all’avvocato offrire, senza esserne richiesto, una prestazione personalizzata e, cioè, rivolta a una persona determinata per uno specifico affare. 6. La violazione dei doveri di cui ai commi precedenti comporta l’applicazione della sanzione disciplinare della censura.”

3. Valutazione della fattispecie. L’informativa fornita dalla società nelle modalità indicate dall’avvocato richiedente non sembra violare le norme che regolano il diritto di informare il pubblico sull’attività dell’avvocato, né il divieto di accaparramento di clientela, purché rispettino anche il principio di verità.

4. Conclusioni. Non viola né l’art. 35, né l’art. 37 del c.d.f. la semplice apposizione della dicitura “in collaborazione con” seguita dal nome dell’avvocato e dal logo dello studio con l’indicazione dell’indirizzo apposta sul depliant pubblicitario di una società che effettua servizi di formazione, purché l’informazione rispetti il principio di verità.

Ciò detto circa il quesito, ci corre infine l’obbligo di precisare che:

– con la nuova disciplina dell’ordinamento della professione forense “il potere disciplinare appartiene ai consigli distrettuali di disciplina forense” e dunque non rientra più tra i compiti e le prerogative del Consiglio dell’Ordine;

– ne consegue che i pareri in materia deontologica che gli iscritti richiedono al Consiglio dell’Ordine vengono da questo rilasciati in termini generali e non assumono né possono assumere, in eventuali procedimenti disciplinari, alcuna funzione orientativa né tantomeno vincolante del giudizio del Consiglio Distrettuale di Disciplina né rilevare quali esimente dell’iscritto sotto il profilo soggettivo;

– pertanto, è possibile che il Consiglio Distrettuale di Disciplina, nella sua autonoma valutazione di comportamenti concretamente tenuti, possa pervenire a conclusioni diverse da quelle fatte proprie dal Consiglio.