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giurisprudenza

E’ reato di ingiuria se la parte si rivolge all’avvocato, in udienza, con l’espressione “non voglio parlare con questo tizio qua” (Cass., Sez. V Pen., 11 settembre 2013, n. 37301)

Giudice di Pace prima e Tribunale quale Giudice di Appello avevano assolto l'imputata, accusata di ingiuria per aver proferito in udienza, contro l'avvocato di contro parte, le frasi “lei dice il falso" e "non voglio parlare con questo tizio qua”. Era infatti stato ritenuto il difetto dell'elemento psicologico o comunque applicabile l'art. 599 c.p. L'avvocato, persona offesa, ricorreva in Cassazione, trovando accolto il motivo di impugnazione relativo sia alla pronuncia che alla formula assolutoria. La Corte di Cassazione ricorda infatti da precedente giurisprudenza di legittimità che la sussistenza dell'"animus iniurandi", essendo sufficiente il dolo generico che può anche assumere la forma del dolo eventuale, in quanto basta che l'agente, consapevolmente, faccia uso di espressioni o parole socialmente interpretabili come offensive. Se per la parte "lei dice il falso" si poteva presumere la convinzione di quanto affermato, nondimeno, sostiene la Corte, la seconda espressione assume sicuramente carattere di disprezzo e gratuita offesa alla dignità dello svolgente attività difensiva. E proprio per questa sua funzione, è impensabile postulare comunque una reazione a fatto ingiusto: la modalità di proposizione delle domande avrebbe dovuto essere stato oggetto di moderazione da parte del Giudice e non della teste.

a cura di Giacomo Passigli

Allegato:
37301-2013