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giurisprudenza

La Corte di Cassazione riconosce l’applicazione del risarcimento per danno non patrimoniale anche in ipotesi di eccessiva durata del giudizio di equa riparazione di cui alla L. n. 89 del 2001 (c.d. Legge Pinto). (Cass., Sez. VI, 2 gennaio 2013, n. 1)

Con ricorso alla Corte d'Appello di Perugia, veniva proposto, ai sensi della L. n. 89 del 2001, domanda di equa riparazione del danno non patrimoniale sofferto a causa della non ragionevole durata del giudizio di equa riparazione introdotto nel settembre 2005 dinnanzi alla Corte d'Appello di Roma, concluso con decreto di parziale accoglimento depositato nel mese di febbraio 2007 e definito, a seguito di ricorso per Cassazione, con sentenza depositata nel mese di marzo 2010. La Corte d’Appello di Perugia dichiarava la domanda inammissibile, ritenendo “non esperibile il rimedio di cui alla L. n. 89 del 2001, in relazione a procedimenti relativi alla denunciata violazione della durata ragionevole di giudizi presupposti”. La Suprema Corte, investita della questione, richiamando precedenti prenunce conformi (Cass. n. 17686 del 2012; Cass. n. 5924 del 2012), ribadisce al contrario come il giudizio di cui alla “Legge Pinto” sia un ordinario processo di cognizione, soggetto, in quanto tale, all’esigenza di una definizione in tempi ragionevoli, determinando, nel caso specifico di doppio grado di giudizio, che la durata complessiva dei due gradi debba essere ritenuta ragionevole ove non ecceda il termine di due anni.

a cura di Matteo Cavallini

Allegato:
1-2013