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giurisprudenza

Il praticante abilitato non può patrocinare davanti al giudice monocratico del lavoro nelle cause il cui valore ecceda i 50 milioni di lire (Cass., Sez. Lav., 29 aprile 2013, n. 10102)

Con l'arresto in commento, la Suprema Corte afferma il principio secondo il quale deve dichiararsi  nullo il ricorso relativo a una causa di lavoro che un praticante avvocato, pur munito di abilitazione, abbia presentato due mesi prima dell’iscrizione all’albo degli avvocati, per chiedere la condanna del datore di lavoro a pagare differenze retributive e T.F.R. in favore di un autotrasportatore. A vietare il patrocinio nelle cause di lavoro, spiega la Cassazione, era l’articolo 7 della legge 479/1999, che –  prima dei nuovi confini tracciati dall’articolo 41, co. 12, del nuovo ordinamento forense (legge 247/2012) – individuava il raggio d'azione del praticante abilitato negli “affari civili” e, in particolare per le cause di lavoro e previdenza, nei casi “che prima della istituzione del giudice unico di primo grado rientravano nella competenza pretorile“, ovvero nelle cause di valore non eccedenti 50 milioni di lire.

a cura di Alessandro Iandelli