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giurisprudenza

Ordinamento giudiziario e illeciti disciplinari (Cass., Sez. Un., 13 maggio 2013, n. 11343)

Nella sentenza in commento la Suprema Corte di Cassazione a Sezioni Unite affronta il caso del presidente di Sezione del Tribunale di C. che aveva omesso di comunicare al C.S.M., sia alla data di presentazione della domanda per il conferimento dell’incarico di presidente di sezione, sia al momento dell’assunzione delle relative funzioni, la sussistenza di una situazione di incompatibilità conseguente all’iscrizione del proprio figlio all’albo degli avvocati di L.T.
La Sezione Disciplinare del C.S.M. aveva assolto il magistrato dall’incolpazione di avere gravemente mancato ai propri doveri di imparzialità e correttezza e di aver tenuto un comportamento tale da compromettere la credibilità personale dello stesso e il prestigio dell’istituzione giudiziaria sulla base delle due seguenti considerazioni:
– per quanto l’obbligo di dichiarare la sussistenza di una situazione di incompatibilità non potesse ritenersi venuto meno per effetto della precedente dichiarazione resa in relazione ad una differente ipotesi, tuttavia, trovava applicazione nel caso di specie la disciplina di cui al D.Lgs. 109 del 2006, art. 3 bis (l’illecito disciplinare non è configurabile quando il fatto è di scarsa rilevanza), considerato che la precedente dichiarazione risultava assai prossima alla data di presentazione della domanda per il conferimento del nuovo ufficio e l’assunzione delle nuove funzioni;
– la sporadicità, nel periodo in contestazione, dell’attività professionale svolta dal figlio del magistrato era tale da far apparire di scarsa rilevanza l’illecito omissivo in cui era incorso l’incolpata, sia sotto il profilo della lesione del bene specifico protetto dalla norma sull’incompatibilità sia sotto il profilo più generale della lesione del prestigio del magistrato e dell’ordine giudiziario.
Avverso tale decisione assolutoria proponeva ricorso per cassazione il Ministero della Giustizia, adducendo motivazione omessa, illogica e/o contraddittoria in relazione alla ritenuta “scarsa rilevanza” della condotta ascritta all’incolpata.
Si pronunciava sul punto la Suprema Corte di Cassazione a Sezioni Unite affermando che, per costante insegnamento giurisprudenziale, i vizi di omessa e di insufficiente motivazione ricorrono soltanto in presenza di argomentazione da cui non sia possibile desumere la ratio decidendi sottesa alla decisione ovvero qualora risultino carenti o omessi l’esame e la valutazione di elementi di rilievo tale che, ove fossero stati opportunamente considerati, la decisione sarebbe stata necessariamente diversa.
Il vizio di contraddittorietà è denunciabile nella sola ipotesi in cui nel tessuto motivazionale del provvedimento siano ravvisabili affermazioni tra loro così contrastanti da rendere ancora una volta indecifrabile la ratio decidendi.
Nella specie – continua la Corte –  non è presente nessuna delle situazioni sopra rappresentate.
Le due considerazioni su cui si fonda la statuizione della Sezione Disciplinare (la prossimità temporale tra la dichiarazione in precedenza resa dall’incolpata e la presentazione della domanda per il conferimento del nuovo ufficio e l’assunzione delle relative funzioni e la sporadicità nel periodo in contestazione dell’attività professionale del figlio) risultano esenti da vizi motivazionali. Pertanto il ricorso è rigettato.
 
a cura di Silvia Ammannati