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giurisprudenza

Sui limiti di sindacabilità della Corte di Cassazione ex art. 360 c.p.c. in tema di illecito disciplinare (Cass., Sez. Un., 10 giugno 2013, n. 14507)

Con la sentenza in esame la Cassazione a sezioni unite si è pronunciata su una questione particolarmente interessante relativa ai limiti ex. art. 360 c.p.c. dei ricorsi. Nel caso di specie, la Suprema Corte ha esaminato il punto sub 3) del succitato articolo che riguarda la "violazione o falsa applicazione di norme di diritto e dei contratti e accordi collettivi nazionali di lavoro" poichè un avvocato, ricorrendo avverso una decisione presa dal CNF che avviava un procedimento disciplinare nei suoi confronti che terminava con l'irrogazione della censura a carico dello stesso, condannato non soltanto per aver offeso un collega in una memoria difensiva ma anche perchè con il suo comportamento avrebbe leso anche il prestigio dell'avvocatura. Il ricorso per Cassazione presentato dall'avvocato rappresentava ai Supremi Giudici che la decisione del CNF era contraddittoria e vi era anche un difetto di motivazione. Secondo la Suprema Corte infatti "nei procedimenti disciplinari a carico di avvocati la concreta individuazione delle condotte costituenti illecito disciplinare definite dalla legge mediante una clausola generale – abusi o mancanze nell'esercizio della professione o comunque fatti non conformi alla dignità ed al decoro professionale – è rimessa all'Ordine professionale, ed il controllo sull'applicazione di tali norme non consente alla Corte di cassazione di sostituirsi al Consiglio nazionale forense nell'enunciazione di ipotesi di illecito, se non nei limiti di una valutazione di ragionevolezza, che attiene non alla congruità della motivazione, ma all'individuazione del precetto e rileva, quindi, ex art. 360 n. 3, cod. proc. civ.". Pertanto, la Corte si è pronunciata per il rigetto del ricorso non avendo riscontrato difetti in merito e ritenendo congrua la motivazione della decisione presa dal CNF.

a cura di Elisa Martorana