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giurisprudenza

Determinazione del compenso: nel valutare in concreto l’attività difensiva svolta dall’avvocato, il giudice deve tener conto delle eventuali connessioni con altri giudizi (Cass., Sez. VI, Ord., 26 luglio 2013, n. 18175)

Con l'ordinanza in commento la Suprema Corte di Cassazione ha confermato il principio sancito da alcune precedenti pronunce secondo cui, al fine di determinare i compensi dovuti al professionista, il giudice di merito deve verificare in concreto l'attività difensiva che l'avvocato ha prestato in relazione alla peculiarità del caso specifico, in modo da stabilire se l'importo oggetto della domanda possa costituire il parametro di riferimento idoneo oppure se lo stesso si riveli inadeguato rispetto all'effettivo valore della causa.
Nel caso di specie il giudice di merito, nel valutare l'attività prestata dall'avvocato ai fini della  determinazione del compenso, aveva ritenuto di non dover tener conto del fatto che il procedimento per cui veniva chiesta la liquidazione era connesso con altro giudizio.
Tale affermazione è stata, evidentemente, censurata dalla Suprema Corte ritenendola contraria al principio, sopra richiamato, per cui ai fini della determinazione del compenso il giudice deve valutare in concreto l'attività difensiva svolta dall'avvocato in relazione alla peculiarità del caso trattato.
Sebbene la fattispecie in esame riguardi la determinazione del valore della controversia così come disciplinata nella precedente normativa tariffaria (art. 6 D.M. 127/2004 abrogato dal D.L. 1/12), a parere di chi scrive, il principio sancito dalla Suprema Corte trova, comunque, applicazione nell'attuale disciplina contenuta nel D.M. 140/12, considerato che l'art. 5 del citato d.m., nel determinare i criteri di valutazione del valore della controversia ai fini della parametrazione, riprende quelli, consolidati, del precedente sistema tariffario.

a cura di Ilaria Biagiotti