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giurisprudenza

Utilizzabili le informazioni rese dall’indagato per evasione fiscale alla Guardia di Finanza senza l’assistenza del difensore (Cass., Sez. Trib., 31 gennaio 2013, n. 2352)

Con la sentenza in commento la Suprema Corte ha stabilito che le dichiarazioni rese alla Guardia di Finanza possono essere utilizzate ai fini dell’accertamento anche se il difensore del contribuente indagato per evasione fiscale non era presente e che non esiste alcun obbligo di preventiva convocazione del contribuente per giustificare le operazioni bancarie oggetto di verifica. La controversia trae origine dalla opposizione ad accertamento sintetico fondato sui dati raccolti a seguito di indagini finanziarie e sulle informazioni acquisite dalla Guardia di Finanza in sede di verifica, quando ancora non era stata formalizzata alcuna accusa per evasione fiscale a carico del contribuente. Il ricorso è stato accolto. Ebbene, detta opposizione è stata respinta sia dalla Commissione Tributaria Provinciale che dalla Commissione Tributaria Regionale. Di qui il ricorso in Cassazione, all’esito del quale la sentenza di secondo grado è stata cassata con rinvio, essendo la CTR del Friuli Venezia Giulia incorsa nel vizio di violazione e falsa applicazione dell’art. 57 del D.Lgs. n. 546 del 1992, per avere omesso di esaminare uno dei motivi d’appello. In relazione alle altre doglianze del ricorrente, gli Ermellini hanno avuto occasione di chiarire che per il combinato disposto dell’ articolo 33 del D.P.R. n. 600 del 1973 e degli articoli 52 e 63 del D.P.R. n. 633 del 1972, la Guardia di Finanza che, cooperando con gli uffici finanziari, proceda a ispezioni, verifiche, ricerche e acquisizioni di notizie, anche mediante richieste fatte al contribuente, ha l’obbligo di uniformarsi alle disposizioni contenute in dette norme di legge sia quanto alle necessarie autorizzazioni sia quanto alla verbalizzazione. Tali indagini – di carattere amministrativo (Cass. n. 122/1974) cui non è applicabile l’articolo 24 della Costituzione in materia di inviolabilità della difesa, ma comunque assistite dalle garanzie proprie della successiva ed eventuale procedura contenziosa – debbono essere considerate distintamente da quelle che la stessa Guardia di Finanza conduce in veste di polizia giudiziaria, dirette all’accertamento di reati, con l’osservanza di tutte le prescrizioni dettate dal codice di procedura penale a tutela dei diritti inviolabili dell’indagato. La mancata osservanza di tali prescrizioni, certamente rilevante al fine della possibilità di utilizzare in sede panale i risultati dell’indagine, non incide sul potere degli uffici finanziari e del giudice tributario di avvalersene ai fini meramente fiscali (tra le tante, Cass. n. 27150 del 2011 e n. 22984 del 2010), senza che ciò costituisca violazione dell’articolo 24 della Costituzione (da ultimo, Cass. n. 7356 del 2011). I principi suesposti sono stati ulteriormente specificati dalla recente sentenza n. 14026 del 2012 della stessa Corte, in cui si è pure ribadita la piena utilizzabilità da parte dell’Amministrazione Finanziaria dei movimenti dei conti correnti bancari e dei dati risultanti dagli altri rapporti e operazioni intrattenuti dalla banca con il contribuente, anche se questo non è stato preventivamente convocato per giustificare le operazioni bancarie oggetto di verifica, atteso che nessuna norma impone, in via generale, l’obbligo di previa convocazione del contribuente in sede amministrativa prima dell’accertamento, non subendo pregiudizio il diritto di difesa che può essere esercitato, senza limitazioni, sia nella fase successiva all’accertamento (in sede di definizione con adesione e di attivazione dei poteri di autotutela della P.A.) sia nella contenziosa.

a cura di Elisa Martorana