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giurisprudenza

La Suprema Corte ritiene che definire un collega stravagante, bizzarro e ignorante dei propri doveri professionali non integri il reato d’ingiuria (Cass., Sez. V Pen., 22 agosto 2012, n. 32987)

Il caso esaminato è quello di un avvocato che nella corrispondenza intercorsa con un collega, con il quale si era chiuso un rapporto di collaborazione e domiciliazione, lo apostrofa definendolo "stravagante", "bizzarro" e "ignorante dei propri doveri professionali".
Mentre in primo e secondo grado le Corti di merito affermano la responsabilità penale per il reato di ingiuria, la Cassazione Sez. V Penale, rilevando che tra i due professionisti era in atto una polemica anche a seguito dell'interruzione dei rapporti professionali, afferma che le "sferzanti" parole dirette all'ex collaboratore, prima che al diritto di manifestazione del pensiero vanno ricondotte al diritto contrattuale derivante dalla collaborazione professionale prima in atto.
La Suprema Corte giudica perciò le affermazioni contenute nello scambio di corrispondenza intercorso come non ingiuriose, ma correlate al livello della polemica in atto fra i professionisti e ai fatti narrati e rievocati negli scritti.

a cura di Matteo Cavallini

Allegato:
32987-2012