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giurisprudenza

Sul cumulo delle domande ai fini della liquidazione degli onorari ( Cass., Sez. III, 4 marzo 2013, n. 5297)

La Corte di Cassazione – cui era stato con ricorso denunciato l'errore del Tribunale Fallimentare, che aveva considerato la controversia di valore indeterminato ai fini della liquidazione degli onorari dell'avvocato – ha confermato la correttezza di tale valutazione. I ricorrenti, difatti, avevano reclamato la diversa liquidazione in relazione ad un'attività difensiva, che poi gli stessi – stante la definizione transattiva della lite – non hanno svolto nella fase rescissoria. La Suprema Corte ha motivato la sua decisione, sostenendo che lo scaglione di riferimento – sebbene dovesse effettivamente essere determinato sulla base del valore della causa, che in tema di obbligazioni pecunarie, tiene conto dell'importo del credito risarcitorio specificato nella domanda introduttiva del giudizio arbitrale – è, tuttavia, indeterminabile e di particolare importanza. La domanda di risoluzione dei contratti dedotti in lite è cumulata alla domanda risarcitoria – a norma dell'art. 10, comma 2 e 14 cpc, richiamati dall'art. 6, comma 2 della tariffa forense, allegata al d.m. n. 585 del 1995 applicato al caso di specie –  rendendo così indeterminato il valore della controversia. Il cumulo delle domande rappresenta, dunque, il criterio formale cui il Giudice deve attenersi in relazione ai rapporti tra avvocato e cliente, di cui è ammessa deroga nel solo caso in cui ravvisi una manifesta sproporzione tra l'effettiva importanza della prestazione resa in relazione al concreto valore economico della questione controversa.

 a cura di Guendalina Guttadauro