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giurisprudenza

Anche il solo fare una fotocopia da un fascicolo processuale senza autorizzazione costituisce il delitto di “violazione della pubblica custodia di cose” (Cass., Sez. VI, 23 settembre 2011, n. 34529)

Un avvocato era stato prosciolto in udienza preliminare dal reato di violazione della pubblica custodia di cose (art. 351 c.p.) per avere fatto copia non richiesta di un atto, supponendosi dunque avendo egli prelevato senza autorizzazione l’originale dal fascicolo processuale, allegandola ad istanza di ricusazione del giudice che poi presentava in un collegato procedimento penale.
Il ricorso del Procuratore Generale viene accolto e la sentenza di assoluzione annullata con rinvio.
Sostiene infatti la Cassazione che la tesi difensiva del poter essere entrato in possesso l’avvocato per altre vie dell’atto era una mera supposizione non riscontrata, che avrebbe invece dovuto essere verificata proprio in dibattimento.
E contesta soprattutto l’argomentazione principale del GUP, secondo cui un eventuale impossessamento temporaneo del fascicolo non corrisponderebbe a sottrazione. Si sostiene infatti che invece ciò, anche per pregressa e conforme giurisprudenza di legittimità, costituisca una condotta idonea a sottrarre la res alla sfera di custodia pubblica riservatale, senza che l’intenzione di restituirla immediatamente costituisca scriminante.

A cura di Giacomo Passigli

Allegato:
34529-2011