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giurisprudenza

Anche nella vita privata l’avvocato deve rispettare i fondamentali doveri di probità, dignità e decoro (C.N.F., Sent., 30 luglio 2021, n. 168)

La pronuncia in commento trae origine dalla sanzione disciplinare di radiazione, comminata dal Consiglio Distrettuale di disciplina di Roma nei confronti di un abogado, condannato dal Tribunale di Aosta alla pena della reclusione per 3 anni e 7 mesi per detenzione di sostanze stupefacenti per fini di cessione a terzi.

Avverso tale decisione l’abogado propone impugnazione, lamentando: i) l’errata applicazione delle disposizioni deontologiche contestate; ii) la carenza dei presupposti di fatto e il vizio di motivazione; iii) l’insussistenza delle violazioni deontologiche addebitate; iv) l’eccessività della sanzione disciplinare applicata.

Il CNF, tuttavia, rileva come il CDD abbia dato conto della decisione del giudice penale, che ha efficacia di giudicato nel giudizio disciplinare quanto all’accertamento del fatto (a maggior ragione quando assistito dal giudicato), motivo per cui non può essere revocato in dubbio (né è stato contestato dal ricorrente) che l’iscritto abbia detenuto un’ingente quantità di sostanza stupefacente, funzionale allo scopo della cessione a terzi.

Quindi il CDD ha fatto corretta applicazione delle disposizioni deontologiche, atteso che la suddetta condotta, pur non essendo dettagliatamente tipizzata, risulta certamente in contrasto con i principi di probità, dignità e decoro di cui agli artt. 9 e 63 del codice deontologico forense, e con il dovere di condotta irreprensibile di cui all’art. 17 c.1 lett. h L. 247/12.

Segnatamente, per il CNF sussiste la responsabilità disciplinare dell’avvocato per tutte le condotte che, pur non riguardando strictu sensu l’esercizio della professione, ledano comunque gli elementari doveri di probità, dignità e decoro, e riflettendosi negativamente sull’attività professionale compromettano l’immagine dell’avvocatura quale entità astratta, con contestuale perdita di credibilità e prestigio della categoria (in tal senso ex multis anche CNF n. 52/2018, Cass. SS.UU. n. 4994/2018, Cass. n. 23020/2011).

Nel caso di specie, la gravissima condotta delittuosa posta in essere dall’abogado giustifica la sanzione disciplinare di grado più elevato adottata dal CDD, non risultando affievolito il disvalore disciplinare delle condotte poste in essere -contrariamente a quanto sostenuto dall’incolpato- neppure dal fatto che la sanzione penale sia stata comminata in una località geografica diversa da quella nella quale il ricorrente risulta iscritto all’Albo.

Ciò, sia perché il perimetro di esercizio della professione non è limitato territorialmente, sia -pure– perché il rispetto dei canoni deontologici costituisce un valore intrinseco e non negoziabile della categoria forense, restando indifferente il fatto che l’illecito –penale o disciplinare– si sia concretizzato in luogo diverso rispetto a quello nel quale l’incolpato espleta la propria attività, per la intangibilità dei valori etici e reputazionali (consacrati nelle regole deontologiche) che connotano necessariamente l’agire dell’Avvocato, anche al di fuori del suo ministero e in tutti i rapporti con i terzi.

A cura di Stefano Valerio Miranda