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giurisprudenza

Avvocato violento, censura del Cnf anche se il fatto non riguarda l’attività professionale (C.N.F., Sent., 7 marzo 2023, n. 30)

La sanzione disciplinare della censura si conferma adeguata per l’avvocato reo di aver aggredito, in luogo pubblico e nei pressi del proprio studio legale, una persona durante un diverbio per futili motivi procurandole lesioni personali guaribili in 32 giorni, in quanto tale condotta, oltre ad essere di per sé grave, discredita pesantemente la professione legale: in sintesi, è questa la conclusione cui è giunto il C.N.F. con la sentenza n. 30/2023.

La fattispecie in sintesi: l’avvocato ricorrente impugnava il provvedimento della competente C.D.D. con cui gli veniva comminata la sanzione della censura per aver aggredito, senza un reale motivo, il presidente della cooperativa che gestiva i parcheggi nella zona del proprio studio legale, colpendolo con pugni e calci tanto violenti da costringere quest’ultimo a recarsi all’ospedale da cui ne usciva refertato con un trauma allo zigomo destro ed una frattura ad un dito della mano.

Nel proprio ricorso al C.N.F. il ricorrente deduceva il manifesto travisamento dei fatti da parte della C.D.D. in quanto i fatti si sarebbero svolti diversamente da quanto accertato, essendo stato lui la vittima dell’aggressione da parte del presidente della cooperativa, reo di averlo offeso ed aggredito, mentre il primo si difendeva soltanto, per cui entrambi “si menavano”; deduceva, inoltre, l’inattendibilità delle dichiarazioni rese da terzi testimoni nonché la non riconducibilità delle lesioni ai fatti in questione, chiedendo infine l’annullamento della sanzione comminata e in via subordinata l’applicazione della sanzione dell’avvertimento.

Il C.N.F. esaminato il ricorso e le risultanze documentali, previa conferma della mancata prescrizione dell’azione disciplinare, ha rigettato il ricorso per infondatezza.

In primo luogo, ha riconosciuto l’infondatezza del ricorso circa il preteso travisamento dei fatti e delle prove da parte della C.D.D.: difatti, le dichiarazioni dell’aggredito sono state riscontrate dalle deposizioni dei testimoni nonché dal referto dell’ospedale per cui il complessivo valore probatorio è sufficiente per riconoscere n capo all’avvocato la propria responsabilità disciplinare.

In secondo luogo, ed in via assorbente, il C,N.F. ha riconosciuto che la ricostruzione dei fatti da parte dell’avvocato ricorrente non sarebbe stata comunque suscettibile di elidere  o attenuare il rilievo disciplinare della condotta dal medesimo tenuta, in quanto professionista noto in città e con studio nelle vicinanze che è passato alle vie di fatto, per strada al cospetto di numerosi presenti; tale condotta è infatti stata riconosciuta come gravemente lesiva del decoro della professione.

In conclusione, quindi, il C.N.F. ha confermato l’adeguatezza della sanzione inflitta e ha rigettato il ricorso.

A cura di Andrea Goretti