Direttore Responsabile:

Susanna Della Felice

Coordinatore di Redazione:

Lapo Mariani

giurisprudenza

Censura al legale che critica l’operato del collega con espressioni offensive e denigratorie (Cass., Sez. Un., 17 maggio 2021, n. 13168)

La pronuncia in commento trae origine dal ricorso per cassazione presentato da un avvocato, avverso la sentenza del CNF che aveva confermato la sanzione della censura irrogatagli dal Consiglio dell’Ordine degli avvocati di Padova per aver usato, in una lettera indirizzata ad alcuni suoi clienti, espressioni offensive, sconvenienti e denigratorie nei confronti di quattro suoi colleghi.

In tale missiva, l’incolpato individuava la causa della soccombenza di un gruppo di lavoratori, in un precedente giudizio in materia di lavoro, nell’operato dei suddetti colleghi, che in qualità di loro difensori avrebbero improntato la strategia processuale a scelte contrastanti con gli interessi dei propri assistiti, e volte in particolare a coprire l’illiceità di un’intesa tra sindacato e datore di lavoro, in quanto avvocati legati al sindacato da un rapporto di collaborazione.

Il ricorrente, dunque, sostiene che la veridicità delle informazioni fornite ai propri clienti avrebbe imposto di escludere la sussistenza dell’illecito disciplinare, dovendosi ritenere che egli avesse agito nell’adempimento del mandato difensivo conferitogli, stante il loro interesse a conoscere gli illeciti in questione, in modo tale da poter assumere le conseguenti decisioni in sede giudiziaria.

Senonché, la Corte rigetta il ricorso, rilevando come il CNF si fosse correttamente limitato a dare atto del carattere indiscutibilmente offensivo e denigratorio delle espressioni utilizzate dall’incolpato nella lettera, e quindi della violazione del codice deontologico forense, che impone all’avvocato, fra l’altro, di evitare l’uso di espressioni sconvenienti od offensive non solo negli scritti processuali, ma nell’attività professionale in genere (art. 20 del Codice previgente, riprodotto nell’art. 52 di quello vigente), e di astenersi dall’esprimere apprezzamenti denigratori sulla attività professionale altrui (art. 29 del Codice previgente, corrispondente all’art. 42 di quello vigente).

A tale apprezzamento, infatti, risulta estranea qualsiasi considerazione relativa alla veridicità dei fatti addebitati ai predetti avvocati, in quanto l’art. 20 (oggi art. 52) impone all’avvocato, anche in presenza di comportamenti criticabili o perfino illeciti dei colleghi o di terzi, di esprimere il proprio biasimo o di formulare la propria denuncia in modo rispettoso della personalità e della reputazione altrui, astenendosi da ingiustificata animosità e da toni irriguardosi.

Tale dovere non incontra un limite neppure nella tutela del diritto di difesa, e segnatamente nell’adempimento degli obblighi d’informazione connessi all’espletamento del mandato difensivo, imponendosi anche nella corrispondenza con il proprio cliente, nella quale l’eventuale dissenso dalle opinioni espresse o dalle strategie difensive adottate da altri avvocati e la critica di comportamenti processuali o extra-processuali da questi ultimi tenuti non possono mai eccedere la finalità informativa della comunicazione, che deve risultare non solo veritiera nel contenuto, ma anche pertinente all’adempimento dell’incarico professionale e continente nei toni usati.

Nel caso di specie, dunque, il contenuto ed i toni della missiva avrebbero dovuto mantenersi rigorosamente nei limiti di una corretta critica dell’operato dei colleghi e di un eventuale biasimo verso il loro comportamento, senza trasmodare in apprezzamenti offensivi e dispregiativi contrastanti con la dignità ed il decoro della professione.

 A cura di Stefano Valerio Miranda

precedente: Conforme

Allegato:
13168-2021