La Corte di Cassazione – con la sentenza in epigrafe – ha ritenuto legittima l'applicazione da parte del C.O.A di Pescara della sanzione della censura all'incolpato che non aveva comunicato – senza giusto motivo – il deposito della sentenza al suo assistito, cui – nonostante questi ne avesse fatto espressa richiesta – aveva restituito il fascicolo processuale in suo possesso tardivamente.
La Suprema Corte, difatti, ha ravvisato gli estremi di un comportamento illecito, posto in contrasto, rispettivamente, con l'art. 40 del codice deontologico – che dispone l'obbligo di informazione del l'avvocato nei confronti del proprio cliente – e con l'art. 42 codice citato – che prevede, altresì, che egli è, in ogni caso, obbligato alla restituzione, senza ritardo, alla parte assistita della documentazione dalla stessa ricevuta per l'espletamento del mandato, quando questa ne faccia richiesta.
Il CNF – respingendo l'appello proposto dal legale al provvedimento del COA – ha accertato che, solamente dopo molto tempo e molti solleciti, la documentazione di causa è stata restituita al cliente e che – contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente – non risultava nessuna lettera, con cui veniva comunicato l'avvenuto deposito della sentenza da parte del Patronato.
A cura di Guendalina Guttadauro