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giurisprudenza

Il riesame del provvedimento di sequestro preventivo di una somma di denaro ritenuta profitto di una truffa, in questo caso di un avvocato al cliente, richiede un esame del fumus commissi delicti in termini di astratta configurabilità del reato ipotizzato (Cass. Pen., Sez. II, 19 maggio 2011, n. 34318).

Il Tribunale del Riesame di Salerno, cui ricorre il Procuratore della Repubblica, ha disposto il sequestro preventivo di una somma di denaro, ritenuta essere il profitto di una truffa ad un cliente, al quale aveva raccontato di avere intentato una grossa vertenza legale, notiziando anche dei vari rinvii delle udienze, in realtà mai intrapresa, rimettendo di volta in volta fattura.
Il legale era ricorso in Cassazione, ritenendo la carenza dei presupposti per mancanza sia del fumus commissi delicti che del periculum in mora.
Ha sostenuto altresì che si fosse al di fuori delle ipotesi previste dall’art. 322 ter c.p. per operare un sequestro per equivalenza del tantundem, cosa che di fatto avrebbe invece compiuto, precisando che ciò lo avrebbe permesso la natura fungibile del denaro.
La Cassazione rigetta il ricorso osservando che, in ordine al primo motivo di ricorso, il riesame avverso i provvedimenti cautelari reali deve avere riguardo, avendo in ciò un ruolo di garanzia, solo alla verifica della corrispondenza tra fatto e fattispecie criminosa senza entrare nel merito, al fine di verificare l’astratta configurabilità del reato ipotizzato. Ciò era stato correttamente effettuato nel caso in esame.
Relativamente alla seconda doglianza, rileva la Corte la totale infondatezza delle argomentazioni. La generica somma di denaro sequestrata è un bene compiutamente individuato e del tutto svincolato dai singoli elementi metallici e cartacei che lo costituiscono, assiomaticamente individuata nel tantundem. E’ pertanto improprio parlare di equivalenza.

A cura di Giacomo Passigli 

Allegato:
34318-2011