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giurisprudenza

Illegittimità della richiesta di liquidazione di compenso maggiore di quello precedentemente pattuito con il cliente nel rispetto dei limiti tariffari (Cass., Sez. II, 11 marzo 2008, n. 6454)

Con la sentenza in commento la Corte di Cassazione ha confermato la regola generale della più ampia libertà contrattuale, in tema di determinazione del compenso professionale in caso di attività giudiziale, in base alla quale soltanto in mancanza di convenzioni tra le parti il compenso è determinato dalle tariffe o dagli usi oppure dalla Autorità giudiziaria, sentito il parere dell’associazione professionale, cui il professionista appartiene.
La Suprema Corte, chiamata a pronunciarsi sulla possibilità che l’avvocato, dopo aver presentato al proprio cliente una parcella per il pagamento del compenso redatta in conformità ai minimi tariffari, richieda successivamente, per le stesse attività un pagamento maggiore sulla base di una nuova parcella, ha affermato che il giudice di merito, al quale sia stata chiesta la liquidazione della nuova parcella, può valutare se esistono elementi, discrezionalmente apprezzabili, che facciano ritenere giustificata e legittima la maggiore richiesta, eccetto il caso in cui la prima parcella abbia carattere vincolante, in quanto conforme ad un pregresso accordo o espressamente accettata dal cliente, fermo restando il necessario apprezzamento di congruità degli onorari richiesti sulla base ed in funzione dei parametri previsti dalla tariffa professionale.
Nella fattispecie, l’avvocato aveva concordato di quantificare le proprie competenze con riferimento a scaglioni di valore del Tariffario Forense inferiori rispetto a quelli astrattamente applicabili alla causa, ma conformi ai minimi tariffari ed aveva emesso fatture per i relativi importi, regolarmente saldate dal cliente, ossia da lui stesso indicati e dalla parte accettati.
Diversa sarebbe la questione nel caso in cui non vi fosse stato un pregresso accordo tra le parti.

A cura di Elisa Martorana

Allegato:
6454-2008