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giurisprudenza

Inammissibilità dell’uso del nome di un socio deceduto nella denominazione di una associazione professionale forense

Con la sentenza che pubblichiamo, la Corte di Cassazione – in controtendenza con i principi ispiratori del c.d. Decreto Bersani in tema di liberalizzazione delle professioni nonché in difformità con quanto ribadito dal Codice Deontologico Forense, che di fatto ha mantenuto la possibilità di “indicare il nome di un avvocato defunto, che abbia fatto parte dello studio, purché il professionista a suo tempo lo abbia espressamente previsto o abbia disposto per testamento o vi sia il consenso unanime degli eredi” (cfr. art. 17 C.D.F. modificato in applicazione D.L. 04.07.2006 n. 233, convertito in L. n. 248/2006) – ribadisce il principio per cui, nella denominazione di una associazione professionale, non è consentita l’indicazione del nome di un avvocato deceduto (cfr. in tal senso Cass. n. 10942/93 e n. 2077/94 nonché Corte Appello Milano n. 1706/2003).
L’argomentazione della Corte si fonda sul disposto dell’art. 1 L. n. 1815 del 1939 che disciplina l’esercizio in forma associata delle professioni protette, secondo cui la denominazione di una associazione di professionisti deve far emergere, senza ambiguità per i terzi, l’identità dei soli professionisti associati che vi operano. Ed anzi, la Corte si spinge anche ad affermare che, pur in ipotesi di partecipazione di un discendente del defunto, questi è tenuto necessariamente ad indicare anche il proprio nome di battesimo, poiché l’uso del mero cognome – soprattutto se appartenente ad un noto giurista – potrebbe evocare la persona del defunto, ingenerando confusione nei terzi.
Né a diversa conclusione si potrebbe giungere, a parere della Corte, sulla base di quanto disposto dall’art. 17 del Codice Deontologico che, pur avendo valenza obbligatoria per gli iscritti all’albo, non ha valenza giuridica tale da poter derogare la norma di legge di cui sopra.
Infine, anche l’art. 18 del D. Lgs 96/2001, in tema di società tra professionisti, stabilisce che non è consentita l’indicazione del nome di un socio avvocato dopo la cessazione della sua appartenenza alla società, salvo diverso accordo tra la società ed il socio o suoi eredi, ma pur sempre a condizione che il nome sia accompagnato dalla precisazione che si tratta di “ex socio” o “socio fondatore” e purché non sia integralmente mutata la compagine sociale dei professionisti.
Ciò a conferma del principio generale della personalità della prestazione professionale e della tutela dei terzi.
Resta tuttavia da vedere come si potranno armonizzare queste sottili differenze normative tra disciplina degli studi associati e delle società tra avvocati.

A cura di Ilaria Sordi 

Allegato:
1476-2007