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giurisprudenza

Infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell’art. 1 della legge 25 novembre 2003, n. 339 secondo cui le disposizioni dell’art. 1, commi 56, 56-bis e 57 della legge 23 dicembre 1996, n. 662 – che consentono l’iscrizione dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni con rapporto di lavoro a tempo parziale agli albi professionali quando la prestazione lavorativa non sia superiore al 50 per cento di quella a tempo pieno – “non si applicano all’iscrizione agli albi degli avvocati, per i quali restano fermi i limiti e i divieti di cui al regio decreto-legge 27 novembre 1933, n. 1578, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 gennaio 1934, n. 36, e successive modificazioni” (Corte Cost., 21 novembre 2006, n. 390)

La Corte Costituzionale ha ritenuto la legittimità costituzionale della disposizione in esame, sul rilievo, da un lato, che la norma non contrasta con l’ordinamento comunitario, atteso che, ai sensi dell’art. 8 della Direttiva 98/5/CE, “l’avvocato iscritto nello Stato membro ospitante con il titolo professionale di origine può esercitare la professione come lavoratore subordinato … di un ente pubblico o privato, qualora lo Stato membro ospitante lo consenta agli avvocati iscritti con il titolo professionale che esso rilascia” e che l’art. 5, secondo comma, del decreto legislativo 2 febbraio 2001, n. 96 – di attuazione della Direttiva – estende agli avvocati di altri Stati membri, sia stabiliti sia integrati in Italia, “le norme sull’incompatibilità che riguardano l’esercizio della professione di avvocato”. Dall’altro, che la declaratoria di costituzionalità della previgente disciplina che consentiva ai pubblici dipendenti a part-time di iscriversi agli albi degli avvocati (sentenza n. 189 del 2001) non postula l’illegittimità della nuova disciplina, dal momento che la non irragionevolezza della prima “non esclude la non irragionevolezza di una opposta disciplina e che il legislatore conserva integro – con il solo limite, appunto, della non manifesta irragionevolezza – il potere di disciplinare diversamente la medesima materia che abbia superato, in precedenza, il vaglio di legittimità costituzionale”. Dall’altro lato ancora, che non è irragionevole la scelta del legislatore di escludere la sola professione forense dal novero di quelle alle quali i pubblici dipendenti a part-time possono accedere, giacché il divieto ripristinato dalla legge n. 339 del 2003 è coerente con la caratteristica – peculiare della professione forense – dell’incompatibilità con qualsiasi “impiego retribuito, anche se consistente nella prestazione di opera di assistenza o consulenza legale, che non abbia carattere scientifico o letterario” (art. 3 del R.D.L. 27 novembre 1933, n. 1578).

A cura di Enea Baronti 

Allegato:
390-2006