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giurisprudenza

La Corte di legittimità stabilisce i criteri per la determinazione del valore, ai fini della liquidazione dei compensi professionali, per le cause di opposizione alla sentenza dichiarativa di fallimento (Cass. Sez. Un. 24 luglio 2007, n. 16300)

Il conflitto che le Sezioni Unite hanno composto con la pronuncia pubblicata ha riguardato la problematica inerente la determinazione del valore della causa, ai fini della liquidazione dei diritti di procuratore e degli onorari spettanti al difensore, per la rappresentanza e la difesa della parte nel giudizio di opposizione alla dichiarazione di fallimento.
Due gli orientamenti giurisprudenziali in contrasto.
Un primo indirizzo affermava che il valore delle cause di opposizione alla sentenza dichiarativa di fallimento dovesse essere determinato con i criteri di cui all’art. 17 c.p.c. ovvero in relazione al credito per cui si procede sulla considerazione che sia con l’opposizione all’esecuzione individuale che con l’opposizione alla sentenza di fallimento oggetto del giudizio è il diritto di procedere ad espropriazione contro il debitore con esecuzione individuale o collettiva; in base a ciò il valore coinciderebbe con l’entità complessiva del passivo fallimentare con conseguente applicazione dello scaglione di Tariffa Professionale corrispondente.
Un secondo indirizzo, invece, riteneva che il valore delle cause in questione andasse accertato con i criteri di cui all’art. 10 c.p.c. ovvero rispetto alla domanda proposta intesa come petitum in relazione alla causa petendi poiché l’oggetto del giudizio coinciderebbe con l’accertamento dei requisiti soggettivi ed oggettivi per dichiararsi il fallimento; conseguentemente il valore delle cause in esame avrebbe dovuto essere sempre indeterminato.
La Corte, evidenziando proprio la diversità di oggetto tra la domanda di opposizione alla esecuzione e la domanda di opposizione alla sentenza di fallimento ha ritenuto corretto il secondo indirizzo.

A cura di Niccolò Andreoni