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giurisprudenza

La critica alle istituzioni giudiziarie e forensi non deve superare i limiti deontologici e costituzionali (C.N.F., Sent., 27 marzo 2023, n. 57)

Con la pronuncia in oggetto il C.N.F. ha affrontato il tema dei limiti della manifestazione del pensiero nell’ambito dell’esercizio del diritto di critica da parte di un avvocato.

Nel caso di specie il legale veniva richiamato dal proprio Consiglio dell’Ordine (COA) a seguito di una segnalazione da parte del Presidente del Tribunale che contestava la violazione della responsabilità deontologica dell’avvocato per l’utilizzo – in un suo scritto difensivo – di un’espressione irrispettosa verso l’istituzione giudiziaria. In particolare il legale in un’istanza di anticipazione di udienza, dopo aver illustrato le ragioni di urgenza dell’atto, chiosava utilizzando la seguente espressione: “Si confida nella Giustizia (se ne esiste ancora un barlume!”. In seguito alla segnalazione l’avvocato pubblicava un lungo comunicato sulla propria pagina Facebook poi ripreso anche da un quotidiano locale, esprimendo forti critiche e valutazioni personali sulla non correttezza dell’amministrazione della giustizia locale.

L’avvocato, chiamato dal COA a rendere chiarimenti sulla vicenda, riscontrava quanto avvenuto in una nota scritta e precisava con espressioni offensive e sconvenienti di non nutrire alcuna fiducia neppure nella giustizia degli organi professionali a suo dire troppo remissivi e arrendevoli verso il potere esercitato dai giudici.

Veniva così incardinato un procedimento disciplinare all’esito del quale il consigliere istruttore proponeva che venisse formalizzata querela e/o azione civile risarcitoria contro l’avvocato, per il carattere manifestamente diffamatorio delle sue affermazioni. Nella medesima relazione venivano contestate al legale le seguenti violazioni: artt. 19, 52 co. 1, 53 co. 1 del Codice disciplinare di cui al regolamento del CNF n. 2/2014, per non avere il legale mantenuto nei confronti del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati e del Consiglio Distrettuale di disciplina un comportamento ispirato a correttezza e lealtà e per avere usato espressioni offensive e sconvenienti negli scritti in giudizio e nell’esercizio dell’attività professionale nei confronti di magistrati e per non avere improntato il rapporto con i magistrati a dignità e reciproco rispetto”.

Alla luce delle suddette contestazioni veniva irrogata nei confronti dell’avvocato la sanzione disciplinare della sospensione dall’esercizio della professione per la durata di due mesi.

L’avvocato impugnava la decisione davanti al CNF rilevando una evidente lesione del suo diritto di manifestazione del pensiero in quanto legittimo esercizio della sua libertà di espressione e di critica rivolta verso le istituzioni giudiziarie e forensi. Il CNF nel provvedimento de quo ribadisce come il diritto di critica nei confronti di qualsiasi provvedimento giudiziario costituisce senza dubbio una facoltà̀ inalienabile del difensore, ma che tale diritto deve essere sempre esercitato nei limiti del rispetto della funzione giudicante, riconosciuta dall’ordinamento giuridico con altre norme di pari rango costituzionale. Proprio per questo il libero esercizio del diritto di critica anche forte deve trovare un limite invalicabile nei doveri di lealtà, correttezza e rispetto verso le istituzioni giudiziarie e forensi.

Nel caso concreto poi l’uso di frasi offensive e oggettivamente irrispettose non poteva in alcun modo essere giustificato neppure di fronte alla contestata legittimità del provvedimento emanato dal giudice.

Nonostante ciò il CNF valutate le circostanze soggettive e oggettive, l’assenza di precedenti disciplinari, nonché la presunta erroneità del provvedimento criticato, ha ritenuto di mitigare la sanzione disciplinare nella misura della sola censura.

A cura di Brando Mazzolai

Allegato:
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