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giurisprudenza

La notifica della sentenza del Consiglio nazionale forense all’avvocato non può più essere effettuata mediante deposito presso il Consiglio nazionale forense, in seguito all’introduzione del domicilio digitale (indirizzo pec) (Cass., Sez. Un., 23 luglio 2018, n. 19526)

Con la sentenza in commento le Sezioni Unite della Suprema Corte hanno accolto il motivo di ricorso con cui il ricorrente aveva eccepito la nullità della notificazione della sentenza impugnata in quanto effettuata presso il Consiglio nazionale forense e non presso il suo domicilio ovvero al suo indirizzo di posta elettronica certificata.

In maggiore dettaglio, la Cassazione ha precisato che a seguito dell’introduzione del domicilio digitale, che corrisponde all’indirizzo pec che ogni avvocato deve indicare al Consiglio dell’Ordine di appartenenza (Dl 179/2012), le comunicazioni e le notificazioni non possono essere più effettuate presso la cancelleria dell’ufficio giudiziario procedente anche se l’avvocato destinatario ha omesso di eleggere domicilio nel comune in cui ha sede quest’ultimo, tranne nel caso in cui l’indirizzo pec non sia accessibile per causa imputabile al destinatario.

Tale principio, ha precisato la Corte, va esteso al processo che si svolge davanti al CNF, al quale si applicano le norme del processo civile.

Nella fattispecie sottoposta al vaglio delle Sezioni Unite non erano risultati problemi di accessibilità all’indirizzo pec del legale, con la conseguenza che doveva ritenersi illegittima la notifica presso gli uffici del Consiglio Nazionale Forense.

Conseguentemente, non essendo avvenuta validamente la notifica della sentenza oggetto di gravame, si doveva considerare applicabile il termine ”lungo” di 6 mesi, per impugnare la sentenza, invece di quello “breve” di 30 giorni, previsto per le decisioni del Consiglio Nazionale Forense.

A cura di Cosimo Cappelli