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giurisprudenza

La responsabilità professionale dell’avvocato ed il contenuto del relativo onere probatorio (Cass., Sez. III, 16 ottobre 2008, n. 25266)

La sentenza che di seguito pubblichiamo affronta l’importante problematica della responsabilità del professionista nei confronti del cliente e soprattutto si sofferma sulla specifica questione della ripartizione dell’onere della prova, individuandone i criteri con particolare riferimento all’espletamento dell’attività professionale forense.
In materia di responsabilità del professionista, il cliente è infatti tenuto a provare non solo di aver sofferto un danno, ma anche che questo è stato causato dalla insufficiente o inadeguata attività del professionista e cioè dalla difettosa prestazione professionale. In particolare, trattandosi dell'attività del difensore, l'affermazione della sua responsabilità implica l'indagine – positivamente svolta – sul sicuro e chiaro fondamento dell'azione che avrebbe dovuto essere proposta e diligentemente coltivata e, quindi, la certezza che gli effetti di una diversa attività del professionista medesimo sarebbero stati più vantaggiosi per il cliente, rimanendo, in ogni caso, a carico del professionista l'onere di dimostrare l'impossibilità a lui non imputabile della perfetta esecuzione della prestazione.
In definitiva l’avvocato deve considerarsi responsabile nei confronti del proprio cliente, ai sensi degli artt. 2236 e 1176 cod. civ., in caso di incuria o di ignoranza di disposizioni di legge ed, in genere, nei casi in cui per negligenza o imperizia comprometta il buon esito del giudizio, mentre nelle ipotesi di interpretazione di leggi o di risoluzioni di questioni opinabili, deve ritenersi esclusa la sua responsabilità, a meno che non risulti che abbia agito con dolo o colpa grave.

A cura di Sara Fabbiani 

Allegato:
25266-2008