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giurisprudenza

La richiesta di remissione in termini deve essere provata con adeguata certificazione tecnica (C.N.F., Sent., 11 luglio 2023, n. 147)

Con la pronuncia in oggetto il C.N.F. ha affrontato l’ambito di applicabilità dell’istituto della remissione in termini.

Nel caso di specie un avvocato veniva sanzionato dal proprio Consiglio Distrettuale di Disciplina (CDD) per la presunta violazione di numerose norme deontologiche con la sospensione dall’esercizio della professione per sei mesi.

L’avvocato impugnava la decisione davanti al CNF chiedendo l’annullamento della decisione previa remissione in termini per la proposizione del ricorso. Quest’ultimo infatti deduceva di aver subito un accesso abusivo al proprio sistema informatico che lo avrebbe privato della possibilità sia di verificare la pec inviata dal CDD sia di conoscere il relativo provvedimento disciplinare posto a suo carico. Il CNF evidenzia che al fine di giustificare la richiesta di remissione in termini l’avvocato avrebbe dovuto produrre documentazione specifica attestante la presunta intrusione informatica. In realtà l’avvocato, nel ricorso, si era limitato a denunciare la violazione senza allegare alcuna certificazione di carattere tecnico.

Per tali ragioni, nella sentenza de qua, il Cnf ritiene impossibile valutare favorevolmente la richiesta di remissione in termini dichiarando l’inammissibilità del ricorso.

A cura di Brando Mazzolai

Allegato:
147-2023