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giurisprudenza

L’avvocata neomamma offende per iscritto il magistrato: la carenza di sonno non esclude illecito deontologico e sanzione di censura (Cass., Sez. Un., 14 dicembre 2022, n. 36660)

La vicenda in commento trae origine da un atto di opposizione alla richiesta di archiviazione, nel quale un’avvocata (difensore dell’opponente) afferma in sostanza che il sostituto procuratore avrebbe deciso di chiedere l’archiviazione per evitare la citazione di alcuni testimoni “eccellenti”, fra cui un ex Senatore della Repubblica.

Per tale condotta, in quanto integrante violazione dei doveri di correttezza e probità (art. 9 codice deontologico forense), del divieto di usare espressioni sconvenienti ed offensive (art. 52 c.d.f.) e del dovere di reciproco rispetto nei confronti dei magistrati (art. 53 c.d.f.), il Consiglio Nazionale forense irroga all’avvocata la sanzione della censura, così rideterminando la sanzione della sospensione dall’esercizio della professione per mesi due in precedenza comminatale dal Consiglio distrettuale di disciplina di Venezia.

Senonché, l’avvocata impugna anche la decisione del CNF, lamentando, fra l’altro, che l’assenza di sonno, a lei derivante da una recente maternità, l’aveva portata a redigere l’atto di opposizione ad archiviazione in condizioni di sostanziale assenza della coscienza e volontà richiesta dall’art. 4 del c.d.f.; e producendo a sostegno letteratura scientifica sugli effetti dello stress provocato dall’assenza di sonno, tali da incidere sulla neutralità emotiva.

Le Sezioni Unite, tuttavia, respingono il ricorso, ricordando che la coscienza e volontà consistono nel dominio anche solo potenziale dell’azione od omissione (Cass. S.U., n. 13456/2017), e quindi giudicando adeguata ed immune da errori la motivazione della sentenza del CNF nella parte in cui -ha sì tenuto conto nella determinazione della sanzione della condizione soggettiva dell’incolpata all’epoca dei fatti, stabilendo un più mite trattamento sanzionatorio rispetto alla decisione del CDD (censura anziché sospensione)-, ma ha escluso che la carenza di sonno potesse comportare finanche l’involontarietà della sua condotta.

Ciò, secondo il CNF, soprattutto in ragione del fatto che l’illecito era stato commesso mediante un atto scritto, che dunque l’avvocata avrebbe potuto e dovuto rileggere e controllare, a maggior ragione in una condizione di spossatezza provocata dalla recente maternità, che avrebbe dovuto indurre a una particolare prudenza nel deposito di un atto in sede giudiziaria.

A cura di Stefano Valerio Miranda