Direttore Responsabile:

Susanna Della Felice

Coordinatore di Redazione:

Lapo Mariani

giurisprudenza

Le clausole penali inserite in un contratto di locazione scontano sempre una autonoma e ulteriore imposta di registro in misura fissa pari a 200 euro (C.T.P. Milano, 13 febbraio 2019, n. 618)

Con la sentenza in commento, la C.T.P. di Milano si è pronunciata in merito alla vexata quaestio circa l’applicabilità dell’imposta di registro in misura fissa oppure proporzionale alle penali inserite dalle parti all’interno dei contratti di locazione, e si inserisce in un contesto di giurisprudenza assai ondivaga sull’argomento. Difatti, considerato che in materia di imposta di registro il D.P.R. n. 131/86 non stabilisce espressamente quale sia il regime applicabile alle clausole penali, il silenzio della legge ha dato vita ad una serie di interpretazioni giurisprudenziali contrastanti.

Nello specifico, in relazione alle clausole penali inserite in un contratto di locazione con l’obiettivo di disporre il divieto di sublocazione e/o la maggiorazione degli interessi legali in caso di mancato pagamento del canone, si è posta la questione se tali penali siano assoggettate ad imposta di registro in misura fissa o proporzionale al momento della registrazione.

In maggiore dettaglio, la fattispecie sottoposta all’attenzione della Commissione meneghina traeva origine dalla richiesta di pagamento dell’imposta di registro di 200 euro, oltre a sanzioni nella misura del 30% e relativi interessi, avanzata da parte dell’Agenzia delle Entrate nei confronti di una società per le clausole penali presenti nel contratto di locazione, in quanto considerate quale condizione sospensiva da registrarsi con il pagamento di un’imposta in misura fissa ai sensi degli artt. 21 e 27 del D.P.R. n. 131/1986.

La ricorrente aveva impugnato l’avviso di liquidazione, eccependo l’illegittimità della pretesa per violazione dell’articolo 21 del Testo Unico sull’imposta di registro (DPR n. 131/86), sostenendo che le penali inserite nel contratto non potevano essere considerate come pattuizioni autonome, ma risultavano di fatto meramente accessorie al vincolo contrattuale principale.

Tuttavia, la C.T.P. di Milano si è mostrata di contrario avviso, respingendo il ricorso proposto dalla società contribuente, e sostenendo che le clausole penali sono soggette ad imposizione fissa, ai sensi del citato art. 21 del T.U.R., in quanto derivanti dalla libera volontà delle parti, e devono essere equiparate a disposizioni soggette a condizione sospensiva, con tassazione dell’imposta fissa di 200 euro sugli atti e dell’imposta proporzionale nella misura del 3% (al netto dei 200 euro già versati) al momento dell’eventuale verificarsi della condizione. Secondo il Collegio provinciale, infatti, considerato che le clausole penali sono state volontariamente inserite dalle parti fra le pattuizioni contrattuali, essa rientrano fra le clausole accessorie a contenuto patrimoniale non connesse, essendo dotate di propria causa e propri effetti ulteriori rispetto al contratto, ed hanno quindi natura autonoma e, di conseguenza, sono sottoposte alle regole generali in materia di imposta di registro.

In definitiva, visto che l’effettiva applicazione delle clausole penali costituiscono una eventualità futura e incerta, ecco allora che l’atto deve essere registrato procedendo al pagamento dell’imposta di registro nella misura fissa di euro 200 per l’insieme di queste clausole (il contratto può infatti prevedere più penali riferite a differenti ipotesi di inadempimento, ma l’applicazione dell’imposta fissa ha luogo una volta soltanto) mentre solamente nel momento in cui si dovesse concretizzare l’evento futuro ed incerto, scatterà l’obbligo di denuncia, entro venti giorni, a carico del contribuente (ex art. 19 del T.U.R.) e la conseguente imposizione proporzionale con aliquota del 3%, trattandosi di prestazioni a contenuto patrimoniale (art. 9, Tariffa, parte prima, del T.U.R.), al netto di quanto già riscosso in sede di registrazione (art. 27, 2° comma, T.U.R.).

A cura di Cosimo Cappelli