Direttore Responsabile:

Susanna Della Felice

Coordinatore di Redazione:

Lapo Mariani

giurisprudenza

Non c’è conflitto d’interessi tra avvocati se manca una collaborazione continuativa (C.N.F., Sent., 22 marzo 2022, n. 22)

Con la pronuncia in oggetto il C.N.F. ha affrontato il tema del conflitto di interessi tra avvocati che esercitando negli stessi locali si trovino ad assistere clienti con interessi confliggenti in un medesimo procedimento.
Nel caso di specie un avvocato si era rivolto ad un collega per conferirgli l’incarico di co-difensore e domiciliatario per conto di una società sua cliente.
Senonché parte convenuta si costituiva in giudizio proprio con il collega di studio dell’avvocato domiciliatario il quale avanzava una proposta transattiva per dirimere la controversia. Informato della circostanza l’avvocato domiciliante manifestava un possibile conflitto di interessi, suggerendo al collega (di parte convenuta) l’opportunità di rinunciare al mandato.
Di fronte al rifiuto del collega l’avvocato presentava esposto al Consiglio di disciplina (per brevità CDD) che a seguito della fase istruttoria comminava la sanzione della sospensione di due mesi dall’esercizio della professione per violazione dell’art. 24 c.I e V del codice deontologico forense.
L’avvocato impugnava tempestivamente la sanzione di fronte al Consiglio Nazionale Forense (per brevità CNF) contestando in particolare che non era stata provata in giudizio quella “collaborazione professionale non occasionale” oggi richiesta dalla norma quale elemento aggiuntivo qualificante della fattispecie incriminatrice prevista dal nuovo Codice di Deontologia Forense (per brevità CDF).
Il CNF nel provvedimento de quo chiarisce innanzitutto come nella relazione illustrativa del nuovo CDF si evidenzia la necessità di temperare situazioni di incompatibilità sempre più frequenti per il fenomeno dell’aggregazione tra più avvocati. Per tale ragione il rapporto di collaborazione non occasionale tra avvocati deve provarsi oltre che dalla circostanza (ormai sempre più comune) della “coabitazione” tra colleghi, anche dalla presenza di altri elementi idonei a delineare una collaborazione di carattere continuativo.
Tanto premesso il CNF accoglie il ricorso ritenendo che la decisione impugnata non abbia dimostrato al di là di ogni ragionevole dubbio, l’ulteriore elemento aggiuntivo dell’esistenza di un rapporto di collaborazione professionale non occasionale. Infatti il CNF sostiene che nel caso di specie la collaborazione continuativa non poteva essere fatta discendere apoditticamente dalla una minima collaborazione professionale (3/4 pratiche accertate in quindici anni), né desunta da altri elementi presuntivi come l’uso comune di linea telefonica e servizi e-mail più compatibili con una condivisione degli spazi riferibili a semplici rapporti di ospitalità tra colleghi.
Alla luce di quanto esposto il CNF annulla la sanzione precedentemente irrogata dal CDD.

A cura di Brando Mazzolai