Direttore Responsabile:

Susanna Della Felice

Coordinatore di Redazione:

Lapo Mariani

giurisprudenza

Ragionevole la sanzione della censura per l’avvocato che nella causale del bonifico all’ex moglie inserisce frasi offensive (Cass., Sez. Un., 4 novembre 2024, n. 28322)

Un avvocato veniva sanzionato con la censura dal Consiglio distrettuale di Brescia per avere ripetutamente gravemente insultato e minacciato la ex moglie, anche in numerose comunicazioni scritte, nonché per averla ripetutamente molestata telefonicamente; il tutto in violazione del dovere di probità su di lui gravante anche al di fuori dell’esercizio della professione nei rapporti interpersonali (artt. 9 c.2 e 63 c.1 codice deontologico forense).

La pronuncia veniva confermata anche dalla sentenza del Consiglio Nazionale Forense, contro cui tuttavia l’avvocato proponeva ricorso in Cassazione,  sostenendo in sostanza che nella specie la sanzione più adeguata sarebbe stato il mero avvertimento e non la censura.

In particolare, il ricorrente si doleva del fatto che, ai fini della determinazione della sanzione disciplinare a suo carico, fossero state prese in considerazione anche le espressioni ingiuriose inserite nella causale di alcuni bonifici bancari da lui effettuati in favore della ex moglie; condotte a suo dire non comprese nel capo di incolpazione e la cui valutazione avrebbe dunque determinato un vizio di ultrapetizione.

La Corte, tuttavia, dichiara inammissibile il ricorso per due ordini di ragione.

In primo luogo, le espressioni ingiuriose inserite nella causale dei bonifici bancari erano state espressamente considerate da parte del Consiglio distrettuale di disciplina, e al riguardo il ricorrente non aveva avanzato alcuna censura nell’impugnare la decisione di primo grado davanti al CNF, che perciò non se ne ebbe a occupare.

Dunque, la censura in questione, formulata solo in cassazione, costituisce in concreto una contestazione rivolta nei confronti della decisione del CDD, e non nei confronti della sentenza del CNF, il che ne determina per ciò solo l’inammissibilità.

Peraltro, per mera completezza la Corte osserva che il capo di incolpazione comprendeva l’uso di espressioni offensive in numerose “comunicazioni scritte”, nella cui nozione in senso ampio rientra anche la causale riportata in un bonifico bancario.

In secondo luogo, le censure formulate dall’avvocato contrastano con il principio consolidato secondo cui, salva l’ipotesi di sviamento di potere, la determinazione della sanzione adeguata costituisce tipico apprezzamento di merito, insindacabile in sede di legittimità se non nei limiti di una valutazione di ragionevolezza; valutazione che però nella specie non può avere che esito positivo (cfr. le richiamate S.U. n. 33001/2021 e 1609/2020).