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giurisprudenza

Responsabile l’avvocato per il mancato o tardivo compimento di un atto entro il relativo termine perentorio (C.N.F., Sent., 27 settembre 2024, n. 341)

La vicenda vede coinvolta una Collega sanzionata dal CDD di appartenenza con la censura a seguito di un procedimento disciplinare avente ad oggetto il tardivo e mancato compimento di atti entro il relativo termine perentorio.
Il CNF, richiamando propri precedenti specifici sul punto, ribadisce che la tardiva o mancata proposizione di un atto da compiersi necessariamente entro termini perentori ha rilievo deontologico ex art. 26 co. 3 cdf, giacché il vano decorso di un termine decadenziale deve essere considerato sempre alla stregua di grave trascuratezza degli interessi dei clienti, a meno che l’incolpato non dimostri l’intervento di circostanze fortuite ed eccezionali che abbiano impedito il tempestivo adempimento.
L’Avvocato, difatti, con tale condotta viene meno ai doveri di diligenza, dignità, correttezza e decoro della professione forense, anche quando renda false rassicurazioni al cliente sullo stato della pratica, trattandosi di comportamenti censurabili che compromettono la credibilità e il ruolo dell’Avvocatura e minano l’affidamento dei terzi.
Rispetto all’inadempimento al mandato (art. 26 cdf), tale illecito (art. 27 cdf) è autonomo, anche dal punto di vista del dies a quo prescrizionale, ben potendo protrarsi per tutta la durata del mandato, e quindi anche oltre la consumazione del predetto inadempimento che intendesse celare.
Preso atto del contenimento processuale della Collega, della sua incensuratezza disciplinare, della sua disponibilità a corrispondere il risarcimento, il CNF ritiene che tali atteggiamenti indichino una condotta collaborativa e leale e costituiscano un elemento significativo di uno sforzo rivolto a recuperare l’immagine della professione forense anche agli occhi degli esponenti. Per tali ragioni, previa conferma della responsabilità disciplinare dell’incolpata per tutte le violazioni contestate, il CNF commina la sanzione dell’avvertimento in luogo di quella più grave della censura già irrogata dal CDD.

A cura di Costanza Innocenti