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giurisprudenza

Responsabilità professionale, dies a quo e azione risarcitoria (Cass., Sez. III, 3 novembre 2020, n. 24270)

Il caso di specie trae origine da una risalente domanda di risarcimento del danno per sinistro stradale respinta in tutti i gradi di giudizio per maturata prescrizione. Così a seguito dell’ultima sfavorevole sentenza pronunciata dalla Corte di Cassazione, il cliente decideva di convenire in giudizio il proprio difensore per sentirlo condannare al risarcimento dei danni che, a suo avviso, gli erano derivati dall’inadempimento professionale del propio legale. L’istanza era stata accolta in primo grado e parzialmente ridotta, nel quantum debeatur, in grado di appello. L’avvocato, tuttavia, proponeva ricorso per Cassazione. Con il primo motivo – il principale e assorbente – denunciava la violazione e la falsa applicazione dell’art. 2935 c.c., con riferimento al termine di decorrenza della prescrizione del danno da parte del danneggiato. In particolare, il difensore deduceva che nelle proprie motivazioni i giudici avevano errato nel ritenere che il presunto danno provocato fosse divenuto conoscibile soltanto a partire dalla pubblicazione della sentenza emanata dalla Suprema Corte. Ebbene la Cassazione, nella sentenza in oggetto, dopo aver compiuto un’ampia disamina della propria giurisprudenza formatasi in materia di riconoscibilità del danno, conclude che in relazione ad un incarico di natura processuale, l’esito del processo e la sua definitività non possono non incidere sulla identificazione del dies a quo del termine prescrizionale per l’esercizio del diritto risarcitorio del soggetto assistito. In altre parole i giudici di legittimità affermano che nel caso in cui l’illecito contrattuale consista nell’inadempimento del mandato di difesa in ambito giudiziario, si ha la certezza del conseguente danno soltanto “quando si forma il giudicato del processo, per cui solo a partire dalla formazione di tale giudicato decorre la prescrizione del diritto risarcitorio ai sensi dell’art. 2935 c.c.”. Con tale enunciato, ribadisce la Corte, trova giusto accoglimento il principio della percepibilità e riconoscibilità oggettiva del danno da parte del danneggiato, inteso quale unico elemento interpretativo necessario per l’identificazione del dies a quo del termine prescrizionale. In conclusione e per tali ragioni è stata confermata la pronuncia della Corte di appello ed il ricorso del legale è stato rigettato con declaratoria di non luogo a provvedere sulle spese processuali.

 

A cura di Brando Mazzolai