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giurisprudenza

Sospensione dall’esercizio della professione per l’avvocato che trattenga indebitamente le somme riscosse per conto del cliente (C.N.F, 17 luglio 2021, n. 161)

La sentenza in commento si pronuncia sul ricorso di un avvocato contro il provvedimento del Consiglio Distrettuale di Disciplina di Catanzaro, che lo aveva sanzionato con la radiazione dall’albo a seguito della sua condanna da parte del Tribunale di Milano per la commissione ai danni di un suo cliente del reato di appropriazione indebita.

Segnatamente, il legale era stato incaricato dal cliente di ottenere il dissequestro di una somma di denaro sequestratagli dalla Procura di Lugano (€ 60.050), ma una volta dissequestrata detta somma e accreditata sul conto dello studio si era reso per più di un anno irreperibile dal proprio assistito, costringendolo a rivolgersi a un altro avvocato per il recupero del denaro.

Richiesto da quest’ultimo della restituzione del denaro, l’incolpato si era rifiutato dichiarando al collega subentratogli di aver già restituito la somma dissequestrata, detratte le proprie competenze, ad altro soggetto, quale effettivo titolare dell’importo (o comunque che egli riteneva incaricato dal cliente stesso), ma di non possedere alcuna ricevuta e/o altra prova documentale di tale avvenuta restituzione.

Con il ricorso l’avvocato contestava, fra l’altro, la mancata ammissione delle prove dichiarative richieste dalla propria difesa, nonché l’erronea ricostruzione dei fatti operata dal Giudice della disciplina per una acritica utilizzazione delle prove raccolte in sede penale con appiattimento nella valutazione disciplinare alle motivazioni rese nella sentenza penale.

Senonché, riguardo alla prima doglianza rileva il CNF come il principio del libero convincimento operi anche in sede disciplinare, sicché il Giudice della deontologia ha ampio potere discrezionale nel valutare ammissibilità, rilevanza e conferenza delle prove dedotte. Non è pertanto censurabile, né può determinare la nullità della decisione, la mancata audizione dei testi indicati ovvero la mancata acquisizione di documenti, quando risulti che il Consiglio stesso abbia ritenuto le testimonianze e/o i contenuti del documento del tutto inutili, perché irrilevanti o superflui.

In merito al secondo motivo, poi, rileva il CNF che il giudice disciplinare ben può acquisire e anche utilizzare ad esclusiva base del proprio convincimento gli atti del giudizio penale, tantopiù se le prove sono state ivi raccolte in ambito dibattimentale e quindi con garanzia piena di contraddittorio con la difesa, ferma restando la piena autonomia nella valutazione di rilevanza disciplinare del fatto (conforme fra le molte: CNF sentenza n. 155 del 5 agosto 2020).

Nel caso di specie, prosegue la sentenza, il CDD non si è limitato alla semplice valutazione delle motivazioni della sentenza di condanna del Tribunale di Milano, ma ha acquisito ed autonomamente esaminato copia integrale degli interrogatori e testimonianze rese in sede dibattimentale, da cui è emerso, in particolare- il dato incontestato che l’importo non è mai pervenuto al legittimo proprietario e cioè all’assistito dell’avvocato.

D qui la fondatezza degli addebiti, per violazione di vari articoli del codice deontologico, fra cui gli artt. 9 (dovere di probità), 10 (dovere di fedeltà), 23 c.1 (conferimento dell’incarico), 29 c.3 (emissione del documento fiscale), 30 (gestione di denaro altrui) e 31 (compensazione).

La sanzione, tuttavia, viene ridotta alla sospensione dall’esercizio della professione forense per tre anni, in ragione della circostanza, documentata in sede di dibattimento avanti il CNF, relativa all’intervenuta integrale restituzione da parte del ricorrente al proprio ex cliente della somma dissequestrata, con conseguente remissione da parte di quest’ultimo della querela e rinuncia alla costituzione di parte civile.

A cura di Stefano Valerio Miranda

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Allegato:
CNF 161-2021