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giurisprudenza

Sull’illecito processuale compiuto dal professionista in sede di giudizio civile per il pagamento degli onorari (Tribunale di Bologna, Sez. II, 27 gennaio 2005)

L’art. 96 c.p.c. che disciplina i casi di responsabilità risarcitoria per atti e comportamenti processuali si pone come norma speciale rispetto alla previsione generale dell’art. 2043 c.c. e copre tutti i tipi di danno, purché causati da uno dei comportamenti tipizzati nella norma.
Negli ultimi anni la giurisprudenza ha ampliato considerevolmente l’ambito di risarcibilità del danno derivante dalla responsabilità aggravata ex art. 96 c.p.c. riconoscendo anche un danno non patrimoniale, oltre a quello rappresentato dal danno emergente e dal lucro cessante.
A tale proposito la sentenza in commento evidenzia la recente evoluzione giurisprudenziale che ha consentito la risarcibilità non solo del danno non patrimoniale derivante da illecito penale, ma anche del danno non patrimoniale lesivo di interessi di rango costituzionale relativi alla persona, pur se non “presidiati” da fattispecie penali; ne è conseguita la rivalutazione del danno esistenziale, un tempo utilizzato per sopperire alla carenza di risarcibilità di un ambito che la coscienza sociale e giuridica percepivano come danno.
Il danno esistenziale, inteso come pregiudizio che scaturisce dalla menomazione della qualità della vita e del diritto alla realizzazione personale – e quindi lesivo dei diritti della personalità di cui all’art. 2 Cost. – può agevolmente considerarsi una delle categorie risarcibili del danno non patrimoniale previsto dall’art. 2059 c.c., in relazione al quale, si ribadisce, la recente giurisprudenza è approdata a un’interpretazione costituzionalmente orientata.
Nella sentenza di seguito pubblicata il Tribunale di Bologna ha riconosciuto la responsabilità ex art. 96, comma 1, c.p.c. per colpa grave in capo all’avvocato che aveva agito per il recupero degli onorari contro chi non aveva rilasciato la procura, senza provare l’esistenza del rapporto professionale; tale colpa consisteva quindi nella carenza di quel minimo di diligenza tale da far ritenere infondata la propria pretesa, e infatti, come insegna la recente giurisprudenza, spetta al difensore dimostrare l’esistenza del rapporto professionale, presumendosi, in difetto, che obbligato a corrispondere il compenso professionale sia colui che ha rilasciato la procura (Cass. 24010/2004).
Il giudice di merito ha pertanto riconosciuto la sussistenza, accanto al danno patrimoniale, del danno esistenziale – liquidato in via equitativa – inteso nel caso di specie come “impatto” emotivo dell’iniziativa processuale sull’esistenza di una persona di giovane età, che sentendosi immotivatamente aggredita da una richiesta così esorbitante, è stata lesa nella qualità della vita e nella serenità dei rapporti interpersonali.

A cura di Guendalina Carloni

Allegato:
Trib.-2005