Nella sentenza in commento il C.N.F. afferma che il ricorso avverso la decisione del Consiglio territoriale deve essere accolto solo allorquando la prova della violazione deontologica non è stata sufficientemente raggiunta per mancanza di prove certe o per contraddittorietà delle stesse, dal momento che l’insufficienza di prove su un fatto induce a ritenere fondato un ragionevole dubbio sulla sussistenza della responsabilità dell’incolpato, che pertanto deve essere prosciolto dall’addebito.
Con riferimento poi in particolare al valore probatorio delle dichiarazioni dell’esponente, il C.N.F. afferma che queste ultime possono assumere da sole valore di prova allorché trovino riscontro in indizi gravi, precisi e concordanti ovvero in altri elementi obiettivi e documentali e siano altresì esenti da lacune e vizi logici.
Pertanto l’attività istruttoria svolta dal Consiglio territoriale deve ritenersi correttamente motivata allorquando la valutazione disciplinare sia avvenuta non solo sulla base delle dichiarazioni dell’esponente o di altro soggetto portatore di un interesse personale nella vicenda, ma altresì sulla base dell’analisi delle risultanze documentali acquisite agli atti.
A cura di Silvia Ammannati