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giurisprudenza

Sull’applicabilità del principio del giusto processo nel procedimento disciplinare (Cass., Sez. III, 26 maggio 2011, n. 11608)

Il principio costituzionale del giusto processo non trova applicazione nell’ambito del procedimento disciplinare, in quanto tale procedimento non ha natura giurisdizionale, ma amministrativa: la funzione disciplinare, infatti, è manifestazione di un potere amministrativo, che la legge attribuisce agli ordini professionali per la tutela degli interessi della classe professionale; ciò implica che, nell’attuazione del rapporto che si instaura con l’appartenenza all’ordine, siano stabiliti comportamenti conformi ai fini che l’ordine intende perseguire.
Richiamando questo indirizzo, consolidato in materia di procedimenti disciplinari avviati dai Consigli locali dell’Ordine degli avvocati nei confronti dei propri iscritti (cfr. Cass., Sez. Un., 13 novembre 2008, n. 27049, pubblicata in questa rivista, n. 1/2009), la Cassazione ha rigettato il ricorso proposto da un geometra contro una decisione del Consiglio nazionale, che aveva confermato la sanzione disposta nei suoi confronti dal Collegio locale.
In particolare, la Corte ha affermato che dalla natura non giurisdizionale del procedimento disciplinare deriva l’impossibilità di invocare, con riferimento al momento in cui è irrogata la sanzione disciplinare, il principio di immutabilità del collegio decidente: i collegi degli ordini professionali, infatti, anche quando comminano una sanzione disciplinare, non sono giudici, ma compiono un’attività amministrativa, per la quale è sufficiente che sia rispettato il quorum previsto per la validità delle deliberazioni (cfr. Cass., Sez. Un., 22 febbraio 2007, n. 4114; Sez. III, 15 marzo 2007, n. 6003; entrambe pubblicate in questa rivista, n. 2/2007).

 
A cura di Andrea De Capua