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giurisprudenza

Sull’equivalenza dei titoli per l’acceso al tirocinio alle professioni legali (Corte di Giustizia CE, Sez. III, 10 dicembre 2009, causa C345/08)

La Corte di Giustizia Europea è stata chiamata a pronunciarsi sull’interpretazione dell’art. 39 del Tr. Ce, che disciplina la libera circolazione dei lavoratori all’interno dell’Unione, e tale richiesta è stata presentata nell’ambito di una controversia tra un cittadino polacco e il Ministero di Giustizia di un Land tedesco. Il cittadino, in possesso di diploma di laurea in giurisprudenza conseguito in Polonia e di due titoli accademici tedeschi (“Master of German and Polish Law”, “Bachelor of German and Polish Law”) sosteneva di poter accedere al tirocinio per le professioni legali, in Germania, senza dover effettuare alcuna prova attitudinale, così come, invece, previsto dall’art. 112a del DRiG tedesco (Legge sull’ordinamento giudiziario tedesca). Ciò in quanto Egli riteneva che le conoscenze acquisite durante il suo corso di studi fossero equivalenti a quelle richieste ai laureati tedeschi. Il Ministero di Giustizia, di contro, ritenendo che i titoli non attestassero la conoscenza del diritto tedesco necessaria a superare il primo Esame di Stato, da sostenere prima di iniziare il tirocinio, si rifiutava di ammetterlo alla pratica senza effettuare una prova attitudinale.
La Corte di Giustizia europea ha risolto le questioni pregiudiziali statuendo che: l’art. 39 predetto debba essere interpretato nel senso che:
– non potendo prescindere dal criterio scelto dallo Stato membro ospitante, le conoscenze rilevanti al momento in cui si giudica l’equipollenza della formazione sono quelle richieste dallo Stato membro in cui il candidato vuole accedere al tirocinio sopra menzionato;
– l’articolo 39 non impone che, nel giudizio di equipollenza dei titoli, le autorità nazionali debbano esigere un livello di conoscenze giuridiche inferiore a quello richiesto nel territorio dello Stato. Comunque, l’articolo non preclude neanche una riduzione di tale livello di conoscenze; tuttavia, nella prassi, occorre che la possibilità di un riconoscimento parziale delle conoscenze attestate dalle qualificazioni che l’interessato ha presentato, non resti fittizia, e l’unico competente a pronunciarsi sull’interpretazione del diritto interno è il giudice nazionale.

A cura di Marta Ottanelli