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giurisprudenza

Violazione dei termini di durata ragionevole del processo (Cass., Sez. I, 24 novembre 2005, n. 24829)

Nella sentenza in esame, la Corte di Cassazione è stata chiamata ad una pronuncia sulla pretesa violazione dei termini di durata media di un procedimento di separazione personale, protrattosi per dieci anni solo nel primo grado.
Avverso il provvedimento di rigetto della Corte di Appello di Brescia, il ricorrente aveva formulato due motivi di impugnazione.
Con il primo motivo denunciava violazione e falsa applicazione dell’art.2 della L n. 89/01 e dell’art 6 paragrafo uno della CEDU (Convenzione per la Salvaguardia dei diritti dell’uomo) sostenendo l’irragionevolezza della durata del procedimento (14 anni nei due gradi di giudizio) atteso che la particolarità della materia avrebbe richiesto una decisione rapida soprattutto nell’interesse dei minori.
Col secondo motivo, lamentava una erronea valutazione dei dati di causa, sostenendo che sarebbe compito del Giudice controllare ed evitare la dilatazione dei tempi di durata del processo.
Entrambi i motivi sono stati respinti.
In particolare, ad avviso della Corte – da un lato – i dati normativi richiamati dal ricorrente (L 89/02 e Convenzione per la Salvaguardia dei diritti dell’uomo) non forniscono criteri “generali ed astratti da applicare a tutti i processi” dovendo, invece, la ragionevolezza dei tempi medi del procedimento essere valutata caso per caso, in relazione alla complessità della causa e del comportamento tenuto dalle parti.
Dall’altro, la Corte di Appello aveva data atto che la dilatazione dei tempi di durata del procedimento era stata determinata da una complessa attività istruttoria, a seguito di continue, specifiche richieste delle parti (C.T.U., richieste di chiarimenti, istanze, deduzioni, controdeduzioni) cui il Giudice aveva dato merito in termini rapidi.

A cura di Walter Sardella

Allegato:
24829-2005