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giurisprudenza

Violazione della regola dell’anonimato: il Consiglio di Stato predilige la tesi “formalistica” (Cons. Stato, Sez. IV, 25 giugno 2010, n. 4119)

La pronuncia in esame ritorna ad esprimersi sul tema dell’anonimato nelle pubbliche selezioni, ed in particolare (per quanto rileva ai nostri fini) in relazione allo svolgimento dell’esame di abilitazione forense.
Nella fattispecie, il candidato, svolti gli elaborati, ha tuttavia inserito nelle buste contenenti i primi due taluni fogli sui quali non risultava apposto il timbro di vidimazione da parte della Commissione; in sede di correzione, pertanto, il medesimo è stato escluso dalla procedura.
Promosso ricorso avverso tale esclusione, il T.A.R. Puglia ha accolto il gravame, ritenendo implausibile che un tale errore potesse valere quale segno di riconoscimento.
L’Amministrazione, proponendo appello verso detta pronuncia, propone motivi che paiono fondati al Consiglio di Stato, con conseguente conferma dell’esclusione della originaria ricorrente dalla procedura d’esame.
Dando atto che l’accoglimento del gravame discende dall’opzione in favore di un orientamento giurisprudenziale non pacifico, anche se largamente maggioritario, il Giudice d’appello ribadisce l’assenza di pregio della tesi, minoritaria, a mente della quale, in casi analoghi, debba darsi esclusivo rilievo alla possibilità concreta che la regola dell’anonimato sia stata violata; detto altrimenti, tale orientamento ritiene che in assenza di elementi concreti ed inequivoci che indichino incontrovertibilmente che il candidato abbia inteso rendere riconoscibile il proprio elaborato, non possa procedersi validamente ad esclusione del medesimo.
Ad avviso del Consiglio di Stato, invece, merita seguito la tesi (si ripete, maggioritaria) a mente della quale deve darsi unicamente conto dell’astratta idoneità dell’elemento di “anomalia” rilevato (indifferentemente costituito da un vero e proprio segno distintivo o, come nel caso, dall’inserimento di fogli ulteriori e non previsti nelle buste) a “fungere da elemento di identificazione”; a prescindere, insomma, dalla concreta riconoscibilità o meno del candidato da parte dei commissari in sede di correzione degli elaborati, ciò che unicamente rileva è la caratterizzazione anomala della condotta potenzialmente idonea a ledere l’anonimato posta in essere, anche per mero errore, dal candidato.
Nel caso di specie, l’inserimento di fogli non vidimati è stato ritenuto elemento di rilevante anomalia, tale da fondare correttamente il giudizio di esclusione dall’esame.
Qualora, quindi, la violazione delle regole procedurali si atteggi con modalità particolarmente eclatanti, dovranno ritenersi violate le disposizioni che tutelano l’imparzialità delle correzioni, nonchè la par condicio fra i candidati; e ciò a prescindere se vi sia o meno, in concreto, riconoscimento o riconoscibilità dell’elaborato – e quindi, ciò che più rileva, a prescindere da qualsivoglia valutazione in ordine alla buona fede o meno del candidato.
Detto orientamento, che diremmo ispirato ad una valutazione formale, piuttosto che di mera sostanza, della potenziale lesione del principio, implica pertanto un dovere di attenzione, in sede di esame, ancor più stringente a carico dei candidati (i quali, ricorda la sentenza, sono titolari di un "preciso onere … di controllare la regolarità formale degli elaborati consegnati alla Commissione").

A cura di Mauro Mammana

Allegato:
4119-2010