Direttore Responsabile:

Susanna Della Felice

Coordinatore di Redazione:

Lapo Mariani

parere

Avvocato: assunzione della carica di amministratore di una società di capitali

E’ stato chiesto a questo Consiglio un parere in merito alla possibilità, per un avvocato, di assumere la carica di amministratore di una società di capitali, costituita da soci avvocati che esercitano la professione all’interno della medesima associazione, la cui unica attività consista nell’acquistare e locare alla predetta associazione professionale un bene immobile.
Prima di rispondere al parere richiesto occorre doverosamente fare un richiamo alla normativa precedente alla attuale legge professionale.
L’art. 3 RDL 27.11.1933 n. 1578 non consentiva in alcun modo all’avvocato di essere amministratore di società di persone o di capitali.
La rigida interpretazione della norma si era via via affievolita in conseguenza dell’evoluzione dei tempi e del mutato modo di organizzare ed esercitare la professione forense.
Si era così precisato che l’avvocato poteva essere socio di società di capitali o socio accomandante di una sas (CNF 11.7.2012 n. 45); si era però ribadito che l’avvocato non poteva essere mai amministratore di una società, di persone o capitali, anche se questa fosse proprietaria di un unico immobile e avesse come unica attività quella di concederlo in locazione al medesimo avvocato o alla associazione professionale nella quale l’avvocato esercitava la sua professione (CNF 24.5.2012 n. 28).
Il nuovo art. 18 L. 247/2012 ha però introdotto una rilevante novità.
La norma infatti, pur ribadendo le tradizionali incompatibilità con la professione forense di una serie di attività ontologicamente in contrasto con questa, introduce per la prima volta la possibilità per l’avvocato di assumere la carica di amministratore di società di persone, aventi quali finalità l’esercizio di attività di impresa commerciale, o di società di capitali “se l’oggetto della attività della società è limitato esclusivamente all’amministrazione di beni, personali o familiari”.
Occorre a questo punto capire quale sia l’ambito dell’attività compatibile.
Va segnalata sul punto una recente sentenza della Cassazione (Cass. Sez. Lav. 24.8.2015 n. 17144) la quale, pur trattando un caso sotto l’imperio della legge precedente (l’avvocato era, prima del 2012, socio amministratore di una società in nome collettivo costituita per gestire beni personali), ha lasciato intendere che la nuova normativa, sebbene non applicabile a quel caso concreto, aveva innovato profondamente la materia.
Vista l’assenza di pareri e di decisioni sul punto (almeno a quanto consta all’estensore della presente), occorre allora misurarsi, per la prima volta, con la suddetta problematica.
Prima di tutto è evidente che il Legislatore si sia riferito anche alle società commerciali, visto che il suddetto inciso è a precisazione della incompatibilità descritta alla lettera c) che riguarda appunto le imprese collettive.
In secondo luogo occorre capire il significato da attribuire al concetto di “amministrazione”.
Si ritiene che la locuzione “amministrazione” vada intesa in senso ampio e cioè non solo come attività limitata alla rilevazione contabile dei dati (tipica amministrativa), ma anche come attività di “gestione” dell’impresa collettiva (attuazione dell’oggetto sociale).
In questo senso si segnalano:
– art. 2298 c.c.: il quale recita: “L’amministratore che ha la rappresentanza della società può compiere tutti gli atti che rientrano nell’oggetto sociale”;
– art. 2380 bis c.c., il quale al primo comma recita: “La gestione dell’impresa spetta esclusivamente agli amministratori, i quali compiono le operazioni necessarie per l’attuazione dell’oggetto sociale”;
– la figura dell’amministratore di fatto, ritenuto colui che materialmente e senza investitura formale si inserisce nella “gestione” della società (ex pluribus Cass. Sez. I, 1.3.2016 n. 4045).
Ciò posto, è evidente che il concetto di gestione (intesa come l’attività esercitata dalla società per il tramite dei suoi amministratori) abbia un’accezione ampia e possa comprendere sia quella esercitata da società che si limitino ad amministrare (cioè a gestire) beni altrui (es. società mandatarie del proprietario) sia quella espletata da società che amministrino (cioè gestiscano) beni di loro stessa proprietà.
Una volta chiarito il concetto di “amministrazione”, occorre chiarire quello di “bene”.
Per quanto riguarda questa locuzione riteniamo che il Legislatore dell’ordinamento professionale abbia voluto implicitamente richiamare l’art. 810 c.c. il quale recita: “Sono beni le cose che possono formare oggetto di diritti”.
E’ fuori discussione che in questa categoria rientrino le quote di società di persone (Cass. Sez. II, 2.2.2009 n. 2569) o di società di capitali (a fortiori Cass. Sez. II, 30.1.1997 n. 934).
Infine va definito il concetto di “personali o familiari”; questo va letto in prospettiva statica e cioè come beni di proprietà o comunque afferenti al patrimonio dell’avvocato o dei suoi familiari.
In questo senso ribadiamo che non faccia alcuna differenza, come detta sopra, che il bene personale consista in un bene materiale o in una partecipazione societaria.
Pertanto possiamo concludere che l’art. 18 consenta all’avvocato di assumere l’amministrazione di società, in cui lo stesso sia socio, che gestiscano beni personali o familiari dell’avvocato o la partecipazione societaria dello stesso attraverso la gestione di beni propri della società medesima.
In altre parole non c’è alcuna differenza tra le seguenti situazioni di fatto:
– che sia costituita una società da uno o più avvocati soci che abbia per oggetto quello di amministrare i beni personali o familiari dell’avvocato;
– che sia costituita una società da uno o più avvocati soci che abbia per oggetto quello di amministrare un bene conferito nella stessa dall’avvocato che ne sia anche socio;
– che sia costituita una società da uno o più avvocati soci che abbia per oggetto quello di amministrare beni direttamente da questa acquistati.
In tutti i casi la società infatti amministrerà (cioè gestirà) o i beni dell’avvocato (quindi suoi personali) o direttamente il bene di sua proprietà (e indirettamente la partecipazione sociale dell’avvocato socio nella medesima). In quest’ultimo caso infatti il bene personale sarà appunto la quota societaria posseduta dall’avvocato che viene indirettamente gestita dalla società attraverso la amministrazione del bene di sua proprietà e il conseguimento dell’oggetto sociale.
Conclusivamente, qualora sia costituita una società commerciale di soli avvocati, che abbia come unico oggetto sociale quello di amministrare un bene immobile locato all’associazione professionale nella quale operano i soci medesimi (che è appunto il caso del parere), è evidente che l’amministratore, avvocato e associato, in pratica, amministri anche un bene personale e cioè la sua quota del patrimonio sociale che indirettamente comprende anche il bene immobile locato.
Pertanto, in questo caso, non sussiste alcuna incompatibilità tra la carica di amministratore della società e la professione di avvocato.