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parere

Avvocato. Candidatura alle elezioni amministrative. Forme previste e legittime di pubblicità, le comunicazioni dovute, i divieti esistenti e quanto altro possa consentire lo svolgimento della campagna elettorale.

E’ stato chiesto quali sono i diritti esercitabili qualora un avvocato decida di presentarsi quale candidato alle elezioni amministrative per il Consiglio Comunale di Firenze e, in particolare, circa le forme previste e legittime di pubblicità, le comunicazioni dovute, i divieti esistenti e quanto altro che possa consentire lo svolgimento della campagna elettorale con la prosecuzione futura, in ogni caso, della professione.
Il Consiglio dell’Ordine, ha esaminato la problematica oggetto del richiesto parere esclusivamente per quanto di propria competenza stabilendo che un avvocato può liberamente presentarsi alle elezioni amministrative per il Consiglio Comunale del Comune dove risiede e/o dove esercita la professione o di qualsiasi altro Comune, in quanto, fermo restando che il diritto di accedere alle cariche elettive è riconosciuto dalla Costituzione a tutti i cittadini (art. 51 della Costituzione), nessuna disposizione normativa stabilisce in via generale un‘incompatibilità tra la professione di avvocato e quella di consigliere comunale o preclude ad un avvocato l’esercizio del diritto di elettorato passivo.
Vi sono alcune disposizioni in materia di elettorato passivo che dispongono l’incompatibilità tra la carica di consigliere comunale e l’esercizio di determinate attività o di determinati incarichi (per esempio la carica di amministratore o l’incarico di consulente legale di un ente o impresa partecipata dal Comune o di impresa che esplichi servizi nell’interesse del Comune o che sia dal Comune stesso sovvenzionata); peraltro nessun divieto è collegato all’esercizio, di per sé, della professione di avvocato e, semmai, il divieto si riferisce a specifiche tipologie di incarichi professionali o di cariche che un avvocato potrebbe svolgere nell’ambito della sua attività professionale, ma per una precisa individuazione di questo tipo di incompatibilità occorre fare riferimento, così come per qualsiasi candidato, qualunque sia la sua professione o la sua attività lavorativa, non alle disposizioni che regolano l’ordinamento della professione di avvocato e/o i relativi obblighi deontologici, bensì alle norme generali che regolano l’incompatibilità, l’incandidabilità e l’ineleggibilità in relazione, appunto, all’elezione alla carica di consigliere comunale (artt. 63 e segg. del Dec. Leg. vo 19 Agosto 2000 n. 267).
L’avvocato non è tenuto ad effettuare al Consiglio dell’Ordine alcuna specifica comunicazione, né in relazione alla sua candidatura alle elezioni, né in relazione all’eventuale sua nomina a consigliere comunale.
Nella campagna elettorale l’avvocato, fermo restando il rispetto delle specifiche disposizioni normative in materia, che valgono per tutti i candidati alle elezioni, indipendentemente dalla professione esercitata o dall’attività lavorativa svolta, per quanto riguarda l’aspetto deontologico, dovrà evitare ogni forma di propaganda o di comunicazione elettorale che violi il decoro e la dignità della professione, il che implica anche che non dovrà utilizzare modalità tali da screditare gli avversari o da ledere la loro reputazione.
E’, comunque, consentito all’avvocato di pubblicizzare nella campagna elettorale la sua qualifica professionale che costituisce chiaramente un elemento rilevante, anzi indispensabile, ai fini dell’illustrazione della persona del candidato, sia perché la propaganda elettorale, soprattutto in un’elezione dove vige ancora il sistema della preferenza (come è, appunto, il caso delle elezioni per il Consiglio Comunale in Comuni con una popolazione superiore ai 15.000 abitanti) rappresenta un’attività necessaria in funzione di una possibile elezione è non può, quindi, essere precluso, ostacolato o limitato l’esercizio di un diritto costituzionalmente garantito, sia perché, in ogni caso, dopo l’emanazione del cosiddetto Decreto Bersani (D.L. 4 luglio 2006 n. 223, convertito in Legge 4 Agosto 2006 n. 248), non sussiste più il divieto per gli avvocati di ricorrere a forme di pubblicità, per cui anche qualora si potesse ritenere che la campagna elettorale implichi una forma di autopromozione professionale, la stessa non violerebbe più un precetto deontologico.
E’ ovvio, peraltro, che nelle comunicazioni relative alla propaganda elettorale l’avvocato dovrò rispettare non solo i già sopra richiamati principi di decoro e di dignità della professione, ma anche il connesso e consequenziale principio di verità, nel senso che l’avvocato stesso non potrà attribuirsi eventuali qualifiche, specializzazioni, meriti, affari e/o competenze insussistenti, nonché il principio di pertinenza, nel senso che i messaggi non dovranno risultare palesemente strumentali in quanto diretti a finalità ed esigenze diverse rispetto a quelle proprie della propaganda elettorale e/o tali da poter integrare una delle condotte vietate dall’art. 19 del Codice Deontologico.
Parimenti l’avvocato dovrà rispettare il dovere di riservatezza e non potrà, quindi, divulgare nelle comunicazioni relative alla campagna elettorale notizie relative ai propri clienti o alle cause e/o agli affari da lui curati.
Ne consegue che l’avvocato nella campagna elettorale e nella relativa propaganda dovrà osservare, tra l’altro, le disposizioni di cui agli artt. 17, 17/bis e 18 del Codice Deontologico.
Per riassumere e concludere l’avvocato candidato alle elezioni nella sua campagna elettorale e nella relativa propaganda, proprio in considerazione del fatto che l’attenzione dei cittadini e/o degli elettori sarà necessariamente richiamata sull’attività professionale svolta dal candidato stesso e che la sua condotta avrà un rilievo pubblico, dovrà tenere un comportamento improntato al rispetto delle norme deontologiche.
Naturalmente, qualora risulti eletto, analogo comportamento l’avvocato dovrà tenere nell’espletamento della sua funzione di consigliere comunale, anche perché la carica pubblica amplifica la sua visibilità ed eventuali suoi comportamenti non consoni ineludibilmente avrebbero una ripercussione negativa anche sulla sua qualifica professionale, ledendone il decoro e la dignità.