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Susanna Della Felice

Coordinatore di Redazione:

Lapo Mariani

parere

Avvocato: circa gli ulteriori obblighi di assistenza dell’avvocato dopo la revoca del mandato

  1. Quesito

Un cliente revoca il mandato ad un avvocato in un procedimento civile durante la fase di mediazione delegata.  Successivamente il cliente si rende irreperibile ed il difensore “revocato” è costretto a chiedere al Giudice della causa ripetuti rinvii per consentire la nomina di un nuovo legale. L’avvocato chiede quindi a questo Consiglio se debba ancora continuare a svolgere attività nell’interesse dell’ex cliente.

2.  Risposta al quesito

1. Norme rilevanti e giurisprudenza. Norme rilevanti dirette a regolare la fattispecie in esame sono:

·       l’art. 9 c.d.f. che stabilisce che:

1.   L’avvocato deve esercitare l’attività professionale con indipendenza, lealtà, correttezza, probità, dignità, decoro, diligenza e competenza, tenendo conto del rilievo costituzionale e sociale della difesa, rispettando i principi della corretta e leale concorrenza.

2.   L’avvocato, anche al di fuori dell’attività professionale, deve osservare i doveri di probità, dignità e decoro, nella salvaguardia della propria reputazione e della immagine della professione forense.

·       l’art. 10 c.d.f  che stabilisce che

L’avvocato deve adempiere fedelmente il mandato ricevuto, svolgendo la propria attività a tutela dell’interesse della parte assistita e nel rispetto del rilievo costituzionale e sociale della difesa.

·       l’art. 12 c.d.f che stabilisce che:

L’avvocato deve svolgere la propria attività con coscienza e diligenza, assicurando la qualità della prestazione professionale.

·       l’art. 26, comma 3, c.d.f  che stabilisce che:

3. Costituisce violazione dei doveri professionali il mancato, ritardato o negligente compimento di atti inerenti al mandato o alla nomina, quando derivi da non scusabile e rilevante trascuratezza degli interessi della parte assistita.

·       l’art. 32 c.d.f che stabilisce che:

1. L’avvocato ha la facoltà di recedere dal mandato, con le cautele necessarie per evitare pregiudizi alla parte assistita.

2. In caso di rinuncia al mandato l’avvocato deve dare alla parte assistita un congruo preavviso e deve informarla di quanto necessario per non pregiudicarne la difesa.

3. In ipotesi di irreperibilità della parte assistita, l’avvocato deve comunicare alla stessa la rinuncia al mandato con lettera raccomandata all’indirizzo anagrafico o all’ultimo domicilio conosciuto o a mezzo p.e.c.; con l’adempimento di tale formalità, fermi restando gli obblighi di legge, l’avvocato è esonerato da ogni altra attività, indipendentemente dall’effettiva ricezione della rinuncia.

4. L’avvocato, dopo la rinuncia al mandato, nel rispetto degli obblighi di legge, non è responsabile per la mancata successiva assistenza, qualora non sia nominato in tempi ragionevoli altro difensore.

5. L’avvocato deve comunque informare la parte assistita delle comunicazioni e notificazioni che dovessero pervenirgli.

6. La violazione dei doveri di cui ai precedenti commi comporta L’applicazione della sanzione disciplinare della censura

2. Il caso concreto. Risulta dalla narrativa dei fatti contenuta nel quesito formulato dall’ avvocato richiedente che al medesimo è stato revocato il mandato e che, successivamente, la cliente si sia resa irreperibile senza nominare un nuovo difensore. Ciò, prosegue il richiedente, impone a lui di chiedere continui rinvii per la nomina di un nuovo difensore nell’unico procedimento rimasto, con la prospettiva, però, che il Giudicante non ne consentirà di ulteriori.

In tale contesto chiedono come comportarsi.

Sul punto giova evidenziare quanto statuito dal CNF:

·    Al pari della revoca da parte del cliente, la rinuncia al mandato da parte dell’avvocato non produce effetto immediato: in capo al difensore permangono, in via esemplificativa, l’elezione di domicilio e l’obbligo di informare l'(ex) assistito di eventuali notifiche e comunicazioni ricevute, fino a quando non intervenga un nuovo difensore o sia decorso l’eventuale termine a difesa, sicché non è corretto disinteressarsi dell’assistito prima che ciò si verifichi (così CNF, sentenza n. 237 del 4 dicembre 2020)

·    “l’avvocato che rinunci al mandato, fino a che non sia avvenuta la sostituzione del difensore deve comunque informare la parte assistita delle comunicazioni e notificazioni che dovessero pervenirgli relativamente al precedente incarico, al fine di evitare pregiudizi alla difesa (art. 32 ncdf, già art. 47 codice previgente). Tali principi sono validi anche per la revoca del mandato, quanto meno sotto il profilo della violazione dei doveri di correttezza e di diligenza (artt. 9 e 12 ncdf, già artt. 6 e 8 codice previgente)” (così CNF, sentenza n. 7 del 26 marzo 2019 e, nello stesso senso Cass. SS.UU. sentenza n. 2755 del 30.01.2019) [1].

Il professionista, dunque, è unicamente tenuto a informare l’ex assistito circa le comunicazioni e le notificazioni che dovessero (ancora) pervenirgli, ma il rapporto che legava cliente e avvocato viene definitivamente meno con la revoca del mandato.

Sebbene quello appena esposto rimanga l’orientamento deontologico di questo consiglio, si segnala che in una recente sentenza della Corte di cassazione si legge un orientamento contrario: “orbene, la circostanza che le fattispecie oggetto delle precedenti decisioni richiamate nella sentenza impugnata non fossero perfettamente coincidenti con quella in discorso non rileva invero né punto né poco, giacché ciò che rileva è il principio, principio che si attaglia perfettamente anche al caso in discorso. Difatti, come si diceva, il difensore revocato continua ai sensi dell’art. 85 c.p.c. a svolgere il suo mandato fintanto che non intervenga la sua sostituzione, con il che la circostanza della ridotta o compromessa capacità di intendere e di volere del mandante non interferisce affatto: e dunque l’assolutezza del principio poc’anzi ricordato non è per nulla scalfita dalla circostanza che la mandante fosse per ipotesi divenuta medio tempore incapace di intendere di volere, visto che ciò — salvo non dia luogo ad un fenomeno interruttivo fatto valere come tale — non dispiega effetto sull’esecuzione del mandato, che, nei limiti previsti dal citato art. 85, sopravvive alla revoca e alla rinuncia, fintanto che la revoca o la rinuncia non siano seguite dalla nomina di un nuovo difensore, il quale si trova così ad operare in perfetta continuità con il precedente” (così Cass. 23 giugno 2020, n. 12249).

Secondo quanto sostenuto dalla VI Sezione con la sentenza n. 12249/2020, il disposto dell’art. 85 c.p.c. andrebbe interpretato nel senso che, fino alla sua sostituzione, il difensore conserva le sue funzioni con riguardo alle vicende del processo, sia per quanto attiene alla legittimazione a ricevere atti nell’interesse del mandante, sia per quanto riguarda la legittimazione a compiere atti nel suo interesse.

Corre l’obbligo di segnalare anche la successiva sentenza della Cass., sezione III, del 14 ottobre  2021 n.28004 nella quale in motivazione si legge: la rinuncia al mandato – al pari della revoca della procura – non ha effetto nei confronti dell’altra parte finché non sia avvenuta la sostituzione del difensore e non esime il difensore rinunciante, sino a quando non ha informato il cliente, dal compimento di quelle attività difensive immanenti, connesse alla funzione di procuratore presente in udienza.” (cfr. Cass. 6605/1986 ed in termini Cass. non è 1085/1996; Cass. 13858/2013): in buona sostanza il difensore al quale è stato revocato il mandato non è più legittimato a compiere atti nell’interesse del mandante ma tali effetti decorrono solo dal momento della revoca in poi, mantenendosi validi tutti gli atti difensivi precedentemente svolti.

3.   Conclusioni

Questo Consiglio ritiene di aderire all’orientamento secondo il quale il difensore a cui sia stato revocato il mandato conserva fino alla sua sostituzione, la legittimazione a ricevere gli atti indirizzati dalla controparte al suo assistito ma, dal momento della revoca, non è più legittimato a compiere atti nell’interesse del mandante, atteso che la revoca o la rinuncia hanno pieno effetto tra il cliente e il difensore e determinano il venir meno del rapporto di prestazione d’opera intellettuale instauratosi con il c.d. contratto di patrocinio”.

In caso di revoca del mandato per l’avvocato permane, dunque, il dovere di informare la parte assistita delle comunicazioni e notificazioni che dovessero pervenirgli fino a nomina di un nuovo difensore.

Ciò detto circa il quesito, ci corre infine l’obbligo di precisare che:

– con la nuova disciplina dell’ordinamento della professione forense “il potere disciplinare appartiene ai consigli distrettuali di disciplina forense” e dunque non rientra più tra i compiti e le prerogative del Consiglio dell’Ordine;

– ne consegue che i pareri in materia deontologica che gli iscritti richiedono al Consiglio dell’Ordine vengono da questo rilasciati in termini generali e non assumono né possono assumere, in eventuali procedimenti disciplinari, alcuna funzione orientativa né tantomeno vincolante del giudizio del Consiglio Distrettuale di Disciplina né rilevare quali esimente dell’iscritto sotto il profilo soggettivo;

– pertanto, è possibile che il Consiglio Distrettuale di Disciplina, nella sua autonoma valutazione di comportamenti concretamente tenuti, possa pervenire a conclusioni diverse da quelle fatte proprie dal Consiglio.

NOTE

[1] Cfr. Cass., 18 ottobre 2019, n. 26614: “La rinunzia al mandato da parte del difensore (come del pari la revoca della procura da parte del cliente) a noma dell’art. 85 c.p.c., non fa perdere al procuratore rinunziante (o revocato) lo ius postulandi e la rappresentanza legale del cliente per tutti gli atti del processo fino a quando non si sia provveduto alla sua sostituzione con un altro procuratore, sicché per effetto del principio della c.d. perpetuatio dell’ufficio di difensore la rinunzia (così come la revoca) non ha efficacia alcuna nel processo e non determina la relativa interruzione fino a quando non sia avvenuta la sostituzione del difensore”; e ancora .Cass. 20 maggio 2013, n. 12249/2013, che distingue tra ius postulandi attivo e passivo: il difensore, “mentre conserva fino alla sua sostituzione, la legittimazione a ricevere gli atti indirizzati dalla controparte al suo assistito, non è più legittimato a compiere atti nell’interesse del mandante, atteso che la revoca o la rinuncia hanno pieno effetto tra il cliente e il difensore e determinano il venir meno del rapporto di prestazione d’opera intellettuale instauratosi con il c.d. contratto di patrocinio”.