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parere

Avvocato: circa il dovere di consegnare la corrispondenza riservata al collega subentrato nel mandato

Fatto e quesito

Un avvocato ha chiesto un parere a questo Consiglio circa la possibilità della trasmissione di corrispondenza informativa riservata intercorsa tra colleghi, nei confronti di un altro collega, subentrato nel mandato di una delle parti, che ne ha fatto richiesta.

Si chiede se tale corrispondenza riservata debba essere comunque trasmessa al nuovo difensore che ha raccolto l’incarico, pur non essendo il medesimo destinatario delle missive riservate personali”.

Risposta al quesito

Il canone deontologico che viene in considerazione nel caso di specie è l’art. 48 del Codice deontologico forense (“c.d.f.”), rubricato “Divieto di produrre la corrispondenza scambiata con il collega”.

L’articolo in commento, al comma 3, prevede:

“3. L’avvocato non deve consegnare al cliente e alla parte assistita la corrispondenza riservata tra colleghi; può, qualora venga meno il mandato professionale, consegnarla al collega che gli succede, a sua volta tenuto ad osservare il medesimo dovere di riservatezza”.

L’esposizione della fattispecie contenuta nel quesito fa ritenere che si rientri nell’ipotesi di cui alla seconda parte del comma terzo, sebbene il collega sia subentrato nel mandato di una soltanto delle parti.

Si ritiene pertanto che, nel caso in esame, qualora l’avvocato che sia subentrato nel mandato ne faccia richiesta, la consegna di copia della corrispondenza sia dovuta in virtù del dovere di collaborare con il collega per garantire la pienezza del diritto di difesa della parte. Si deve infatti interpretare il verbo “può” non nel senso di attribuire al primo difensore il potere discrezionale di decidere se consegnare o meno la corrispondenza al collega che gli sia succeduto nel mandato, ma nel senso di liberare l’avvocato dal vincolo di riservatezza nei confronti del nuovo collega, anch’egli peraltro vincolato a mantenere riservata la corrispondenza consegnatagli.

Ci corre infine l’obbligo di precisare che:

– con la nuova disciplina dell’ordinamento della professione forense “il potere disciplinare appartiene ai consigli distrettuali di disciplina forense” e dunque non rientra più tra i compiti e le prerogative del Consiglio dell’Ordine;

– ne consegue che i pareri in materia deontologica che gli iscritti richiedono al Consiglio dell’Ordine vengono da questo rilasciati in termini generali e non assumono né possono assumere, in eventuali procedimenti disciplinari, alcuna funzione orientativa né tantomeno vincolante del giudizio del Consiglio Distrettuale di Disciplina né rilevare quali esimente dell’iscritto sotto il profilo soggettivo;

– pertanto, è possibile che il Consiglio Distrettuale di Disciplina, nella sua autonoma valutazione di comportamenti concretamente tenuti, possa pervenire a conclusioni diverse da quelle fatte proprie dal Consiglio.