1. Quesito
Un avvocato ha formulato un quesito in merito alla possibilità per gli avvocati di pubblicare su quotidiani/ riviste giuridiche alcuni articoli, ovvero un contributo in merito a questioni giuridiche anche di natura pratica. Nella specie si chiede se l’avvocato debba possedere una determinata qualifica o meno (es. pubblicista) o se invece possa pubblicare come semplice articolista su un quotidiano giuridico e senza incorrere in alcuna incompatibilità di natura professionale. Se quindi l’autore possa firmare la paternità del contributo con indicazione del titolo di avvocato, seguito dal proprio nome e cognome e dal Foro di appartenenza, senza che ciò possa essere inteso quale forma di pubblicità finalizzata all’accaparramento di clientela.
Con l’occasione e per le medesime ragioni si chiede quindi se, ai sensi dell’art. 35 del codice deontologico forense come già riformato, vi siano limiti per l’avvocato nell’indicazione sul web dei propri recapiti e qualifiche ovvero se lo stesso possa riportarli anche su siti non direttamente riconducibili a sé (ovvero con un dominio non proprio) o debba invece avvalersi solo di un proprio sito internet con dominio proprio dandone, in tal caso, preventiva comunicazione all’Ordine di appartenenza
2. Norme di riferimento
L’art. 18 della l. 247/2012 stabilisce che:
La professione di avvocato è incompatibile:
1) con qualsiasi altra attività di lavoro autonomo svolta continuativamente o professionalmente, escluse quelle di carattere scientifico, letterario, artistico e culturale, e con l’esercizio dell’attività di notaio. È consentita l’iscrizione nell’albo dei dottori commercialisti e degli esperti contabili, nell’elenco dei pubblicisti e nel registro dei revisori contabili o nell’albo dei consulenti del lavoro;
2) con l’esercizio di qualsiasi attività di impresa commerciale svolta in nome proprio o in nome o per conto altrui. È fatta salva la possibilità di assumere incarichi di gestione e vigilanza nelle procedure concorsuali o in altre procedure relative a crisi di impresa;
3) con la qualità di socio illimitatamente responsabile o di amministratore di società di persone, aventi quale finalità l’esercizio di attività di impresa commerciale, in qualunque forma costituite, nonché con la qualità di amministratore unico o consigliere delegato di società di capitali, anche in forma cooperativa, nonché con la qualità di presidente di Consiglio di amministrazione con poteri individuali di gestione. L’incompatibilità non sussiste se l’oggetto della attività della società è limitato esclusivamente all’amministrazione di beni, personali o familiari, nonché per gli enti e consorzi pubblici e per le società a capitale interamente pubblico;
4) con qualsiasi attività di lavoro subordinato anche se con orario di lavoro limitato”.
L’art. 37 c.d.f. – Divieto di accaparramento di clientela – stabilisce che:
1. L’avvocato non deve acquisire rapporti di clientela a mezzo di agenzie o procacciatori o con modi non conformi a correttezza e decoro.
2. L’avvocato non deve offrire o corrispondere a colleghi o a terzi provvigioni o altri compensi quale corrispettivo per la presentazione di un cliente o per l’ottenimento di incarichi professionali.
3. Costituisce infrazione disciplinare l’offerta di omaggi o prestazioni a terzi ovvero la corresponsione o la promessa di vantaggi per ottenere difese o incarichi.
4. E’ vietato offrire, sia direttamente che per interposta persona, le proprie prestazioni professionali al domicilio degli utenti, nei luoghi di lavoro, di riposo, di svago e, in generale, in luoghi pubblici o aperti al pubblico.
5. E’ altresì vietato all’avvocato offrire, senza esserne richiesto, una prestazione personalizzata e, cioè, rivolta a una persona determinata per uno specifico affare.
6. La violazione dei doveri di cui ai commi precedenti comporta l’applicazione della sanzione disciplinare della censura.
L’art. 35 del c.d.f. – Dovere di corretta informazione – stabilisce che:
1. L’avvocato che dà informazioni sulla propria attività professionale, quali che siano i mezzi utilizzati per rendere le stess, deve rispettare i doveri di verità, correttezza, trasparenza, segretezza e riservatezza, facendo in ogni caso riferimento alla natura e ai limiti dell’obbligazione professionale.
2. L’avvocato non deve dare informazioni comparative con altri professionisti nè equivoche, ingannevoli, denigratorie, suggestive o che contengano riferimenti a titoli, funzioni o incarichi non inerenti l’attività professionale.
3. L’avvocato, nel fornire informazioni, deve in ogni caso indicare il titolo professionale, la denominazione dello studio e l’Ordine di appartenenza.
4. L’avvocato può utilizzare il titolo accademico di professore solo se sia o sia stato docente universitario di materie giuridiche; specificando in ogni caso la qualifica e la materia di insegnamento.
5. L’iscritto nel registro dei praticanti può usare esclusivamente e per esteso il titolo di “praticante avvocato”, con l’eventuale indicazione di “abilitato al patrocinio” qualora abbia conseguito tale abilitazione.
6. Non è consentita l’indicazione di nominativi di professionisti e di terzi non organicamente o direttamente collegati con lo studio dell’avvocato.
7. L’avvocato non può utilizzare nell’informazione il nome di professionista defunto, che abbia fatto parte dello studio, se a suo tempo lo stesso non lo abbia espressamente previsto o disposto per testamento, ovvero non vi sia il consenso unanime degli eredi.
8. Nelle informazioni al pubblico l’avvocato non deve indicare il nominativo dei propri clienti o parti assistite, ancorché questi vi consentano.
9. Le forme e le modalità delle informazioni devono comunque rispettare i principi di dignità e decoro della professione.
10. La violazione dei doveri di cui ai precedenti commi comporta l’applicazione della sanzione disciplinare della censura.
3. Risposta al quesito
La pubblicazione di articoli su quotidiani o altre riviste giuridiche è libera e non richiede nessuna qualifica particolare, neanche quella di pubblicista.
La pubblicazione di articoli di natura giuridica (o di qualsiasi altra natura) rientra sicuramente fra le attività “di carattere scientifico, letterario, artistico e culturale”, per le quali non sussiste incompatibilità anche se svolte in maniera continuativa o professionale.
Non integra gli estremi della violazione dell’art. 37 c.d.f. l’apposizione in calce all’articolo della firma con la qualifica professionale.
Il CNF ha tuttavia stabilito che “l’avvocato che curi una rubrica giornalistica non può indicare in calce alla stessa i recapiti del proprio studio per l’invio diretto della corrispondenza, in quanto ciò costituisce potenziale strumento di accaparramento della clientela e deve perciò considerarsi strumento non conforme alla dignità e al decoro propri di ogni pubblica manifestazione dell’avvocato” (CNF sentenza 10 giugno 2014 n. 83).
Con riferimento all’ultima parte del quesito sulla possibilità per l’avvocato di indicare i propri recapiti e le qualifiche su siti web anche diversi da quelli a sé riconducibili, si osserva che la nuova formulazione dell’art. 35 cdf, come risultante dalla modifica introdotta dal CNF con deliberazione del 22 gennaio 2016, pubblicata sulla G.U. Serie Generale n. 102 del 3 maggio 2016, consente, salvo il rispetto dei limiti indicati nella norma stessa, la pubblicazione delle informazioni con le modalità descritte.
Dopo la citata modifica dell’art. 35 c.d.f. il CNF ha stabilito che: “A seguito dell’evoluzione normativa “liberalizzatrice” (iniziata con il D.L. n. 248/2006, proseguita con l’art. 10 L. n. 247/2012 e culminata con l’art. 35 del Nuovo Codice Deontologico), l’avvocato può dare informazioni sulla propria attività professionale “con qualunque mezzo”, nel rispetto dei limiti della trasparenza, verità, correttezza e purché l’informazione stessa non sia comparativa, ingannevole, denigratoria o suggestiva. Conseguentemente, non può (più) considerarsi contrario al decoro ed alla correttezza un messaggio pubblicitario, che contenga tutti gli elementi richiesti dalla predetta disciplina deontologica, sol perché enfatizzi il corrispettivo -se congruo e proporzionato-, il quale infatti costituisce un elemento contrattuale di interesse primario per il cliente e, quindi, un elemento fondamentale per un’informazione pubblicitaria professionale corretta e completa” (cfr. CNF sentenza 28.12.2017, n. 243)
Ciò detto circa il quesito, ci corre infine l’obbligo di precisare che:
– con la nuova disciplina dell’ordinamento della professione forense “il potere disciplinare appartiene ai consigli distrettuali di disciplina forense” e dunque non rientra più tra i compiti e le prerogative del Consiglio dell’Ordine;
– ne consegue che i pareri in materia deontologica che gli iscritti richiedono al Consiglio dell’Ordine vengono da questo rilasciati in termini generali e non assumono né possono assumere, in eventuali procedimenti disciplinari, alcuna funzione orientativa né tantomeno vincolante del giudizio del Consiglio Distrettuale di Disciplina né rilevare quali esimente dell’iscritto sotto il profilo soggettivo;
– pertanto, è possibile che il Consiglio Distrettuale di Disciplina, nella sua autonoma valutazione di comportamenti concretamente tenuti, possa pervenire a conclusioni diverse da quelle fatte proprie dal Consiglio.