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Susanna Della Felice

Coordinatore di Redazione:

Lapo Mariani

parere

Avvocato: circa l’incompatibilità fra la professione forense e l’ attività di Guardia Giurata Venatoria Volontaria

1.  Quesito.

Un avvocato ha formulato un quesito in merito a un’eventuale incompatibilità fra la professione forense e l’ attività di Guardia Giurata Venatoria Volontaria di cui agli art. 27 della L. n. 157/1992, 55 e ss. della L. 3/1994 e 133 e ss. del TULPS .

2. Norme deontologiche rilevanti.

        Ai fini deontologici sono norme rilevanti l’art. 6 “Dovere di evitare incompatibilità” del Codice deontologico forense (c.d.f.) e l’art. 18 “Incompatibilità” della L. 31.12.12 n. 247 (Ordinamento forense).

Stabilisce l’art 6 del c.d.f. che:

“1. L’avvocato deve evitare attività incompatibili con la permanenza dell’iscrizione all’albo.

2. L’avvocato non deve svolgere attività comunque incompatibili con i doveri di indipendenza, dignità e decoro della professione forense”.

Stabilisce l’art. 18 della L. 31.12.12 n. 247 che:

1. La professione di avvocato è incompatibile:

a) con qualsiasi altra attività di lavoro autonomo svolta continuativamente o professionalmente, escluse quelle di carattere scientifico, letterario, artistico e culturale, e con l’esercizio dell’attività di notaio. È consentita l’iscrizione nell’albo dei dottori commercialisti e degli esperti contabili, nell’elenco dei pubblicisti e nel registro dei revisori contabili o nell’albo dei consulenti del lavoro;

b) con l’esercizio di qualsiasi attività di impresa commerciale svolta in nome proprio o in nome o per conto altrui. È fatta salva la possibilità di assumere incarichi di gestione e vigilanza nelle procedure concorsuali o in altre procedure relative a crisi di impresa;

c) con la qualità di socio illimitatamente responsabile o di amministratore di società di persone, aventi quale finalità l’esercizio di attività di impresa commerciale, in qualunque forma costituite, nonché con la qualità di amministratore unico o consigliere delegato di società di capitali, anche in forma cooperativa, nonché con la qualità di presidente di consiglio di amministrazione con poteri individuali di gestione. L’incompatibilità non sussiste se l’oggetto della attività della società è limitato esclusivamente all’amministrazione di beni, personali o familiari, nonché per gli enti e consorzi pubblici e per le società a capitale interamente pubblico;

d) con qualsiasi attività di lavoro subordinato anche se con orario di lavoro limitato”.

L’art. 27 della l. 157 del 1992 stabilisce, al primo comma, che:

“1. La vigilanza sulla applicazione della presente legge e delle leggi regionali è affidata:

a) (…);

b) alle guardie volontarie delle associazioni venatorie, agricole e di protezione ambientale nazionali presenti nel Comitato tecnico faunistico-venatorio nazionale e a quelle delle associazioni di protezione ambientale riconosciute dal Ministero dell’ambiente, alle quali sia riconosciuta la qualifica di guardia giurata ai sensi del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, approvato con regio decreto 18 giugno 1931, n. 773”.

I commi 6,7 e 8 dell’art. 27 della stessa legge 157/1992 stabiliscono inoltre che: “(…)

6. I corsi di preparazione e di aggiornamento delle guardie per  lo svolgimento delle funzioni  di  vigilanza  sull’esercizio  venatorio, sulla tutela dell’ambiente e della fauna e sulla  salvaguardia  delle produzioni  agricole,  possono   essere   organizzati   anche   dalle associazioni di cui al comma 1, lettera b), sotto il controllo  della regione.

  7. Le province  coordinano  l’attività  delle  guardie  volontarie delle associazioni agricole, venatorie ed ambientaliste.

  8. Il Ministro dell’agricoltura e delle foreste,  d’intesa  con  il Ministro dell’ambiente, garantisce il coordinamento  in  ordine  alle attività delle associazioni di cui al comma 1, lettera  b),  rivolte alla  preparazione,  aggiornamento  ed  utilizzazione  delle  guardie volontarie.”

Non è quindi previsto alcun vincolo di rapporto di lavoro subordinato rispetto alle pubbliche amministrazioni, locali o centrali, competenti a regolare la materia faunistico-venatoria e gestire le relative attività di sorveglianza, spettando alle provincie la sola attività di coordinamento dell’attività delle guardie volontarie.

Né l’attività di guardia venatoria volontaria rientra fra le attività professionali che richiedono l’iscrizione a un albo professionale il cui esercizio è incompatibile con il mantenimento dell’iscrizione all’albo degli avvocati ai sensi dell’art. 18 della l. 247/2012 [1].

Lo svolgimento della funzione di guardia venatoria volontaria non risulta quindi contrario alle previsioni dell’art. 18 della l. 247/2012.

Qualora la funzione venisse invece svolta alle dipendenze di un’azienda faunistica privata e/o con corresponsione di un corrispettivo per l’attività svolta dovrebbe ritenersi la sua contrarietà all’art. 18, lett. d) l. 247/2012.

3.          Giurisprudenza del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Milano in materia di esercizio di funzioni di pubblico ufficiale.

Sebbene la legge non riconosca alle guardie venatorie volontarie la funzione di polizia giudiziaria [2], a esse sono comunque affidati compiti di verifica e di controllo dei documenti (licenza di porto di fucile ad uso caccia, tesserino venatorio e assicurazione), delle attrezzature da caccia (incluse le armi da caccia e i richiami) e della selvaggina abbattuta, nonché quello di accertare violazione e redigere verbali di accertamento e contestazione (nella sola materia venatoria), notificandoli al trasgressore presente in loco (cfr. anche art. 55 L.R. Toscana n. 3 del 2014 [3])

Le guardie venatorie sono quindi incaricate di una pubblica funzione e qualificabili come “pubblici ufficiali” con funzioni di polizia amministrativa (cfr. art. 163 d.lgs. 112/1998).

Con provvedimento dell’8 febbraio 2016, notificato al ricorrente il successivo 11 febbraio 2016, il C.O.A. di Milano negava l’iscrizione nel registro dei praticanti avvocato a una laureata in giurisprudenza appartenente alla Guardia di Finanza sulla base della seguente motivazione: “La qualifica di pubblico ufficiale ed il connesso dovere ex art. 361 c.p. di denunciare ai superiori ed all’autorità giudiziaria competente la notitia criminis, si pone agli antipodi con i doveri di segretezza, riservatezza e di fedeltà cui sono sottoposti sia gli avvocati che i praticanti. Ne consegue che ad essere incompatibile con l’esercizio delle funzioni di praticante, non è tanto la condizione di pubblico dipendente, quanto piuttosto lo status particolare di appartenente alle forze dell’ordine, su cui grava un dovere di intervento ed un obbligo di denuncia di fatti comunque appresi, che non può ritenersi conciliabile con l’eventuale adozione di accorgimenti di fatto, quale l’individuazione di determinati settori o di casi preventivamente valutati dall’affidatario attorno ai quali circoscrivere la pratica. In tal modo, si perderebbe di vista il profilo assorbente del doveroso inserimento del praticante nel contesto organizzativo e funzionale dello studio professionale. A ciò si aggiunga inoltre che la pratica forense non può essere limitata ad alcune materie, ma deve riguardarle tutte.” Dopo aver presentato ricorso al Consiglio Nazionale Forense (C.N.F.) contro il provvedimento del C.O.A. di Milano tuttavia, la ricorrente rinunciava al ricorso e il C.N.F. dichiarava la cessazione della materia del contendere evitando così di pronunciarsi sul merito della questione (cfr. sentenza C.N.F.  10 ottobre 2017, n. 149).

Sebbene di natura “privata”, lo svolgimento della funzione di guardia venatoria volontaria è diretto all’accertamento di violazioni da parte di terzi trasgressori all’interno della zona di pertinenza, poiché altrimenti l’assunzione di tale qualifica e funzione non avrebbe ragione di essere. Tale natura “privata” pare quindi non essere elemento rilevante ai fini dell’esclusione della qualifica di pubblico ufficiale con funzioni di polizia amministrativa in capo all’avvocato richiedente il parere.

Il Consiglio dell’Ordine di Firenze ritiene di condividere le argomentazioni svolte dal C.O.A. di Milano in merito all’incompatibilità fra le funzioni di accertamento e denuncia di violazioni amministrative che è chiamata a svolgere la guardia venatoria, anche volontaria, in funzione di pubblico ufficiale con funzioni di polizia amministrativa e la professione di avvocato e ritiene pertanto l’attività in contrasto con il dovere di indipendenza di cui all’art. 6, comma II, del c.d.f.

4. Conclusioni.   

L’assunzione della funzione di guardia venatoria volontaria, in quanto implicante lo svolgimento di attività di accertamento e denuncia di violazioni di legge in materia venatoria in qualità di pubblico ufficiale con funzioni di polizia amministrativa, è in contrasto con l’art. 6 del c.d.f. in quanto incompatibile con i doveri di indipendenza che devono caratterizzare l’attività dell’avvocato.

        Ciò detto circa i quesiti, ci corre infine l’obbligo di precisare che:

– fatti salvi i compiti e poteri del Consiglio dell’Ordine, tramite apposita Commissione, di verifica della compatibilità dell’iscrizione caso per caso, con la nuova disciplina dell’ordinamento della professione forense “il potere disciplinare appartiene ai consigli distrettuali di disciplina forense” e dunque non rientra più tra i compiti e le prerogative del Consiglio dell’Ordine;

– ne consegue che i pareri in materia deontologica che gli iscritti richiedono al Consiglio dell’Ordine vengono da questo rilasciati in termini generali e non assumono né possono assumere, in eventuali procedimenti disciplinari, alcuna funzione orientativa né tantomeno vincolante del giudizio del Consiglio Distrettuale di Disciplina né rilevare quali esimente dell’iscritto sotto il profilo soggettivo;

– pertanto, è possibile che il Consiglio Distrettuale di Disciplina, nella sua autonoma valutazione di comportamenti concretamente tenuti, possa pervenire a conclusioni diverse da quelle fatte proprie dal Consiglio.

NOTE

[1] La medesima attività di guardia venatoria volontaria non pare rientrare neanche fra le attività disciplinate dalla l. 4/2013, comunque ritenute compatibili con il mantenimento dell’iscrizione all’albo degli avvocati dal CNF. Si veda in proposito il parere n. 36 del 24 maggio 2017, confermato poi con parere n. 36 del 20 ottobre 2019.

[2] In questo senso cfr. anche Cass. 1° aprile 2008, n. 13.600. , la quale ha stabilito che: “ Le guardie volontarie delle associazioni venatorie e di protezione ambientale non rivestono la qualifica di agenti di polizia giudiziaria, anche se alle stesse è affidata la vigilanza sull’applicazione della L. n. 157/92 sulla caccia, con la conseguenza che non è consentito loro di operare il sequestro delle armi, della fauna e dei mezzi di caccia; potere che spetta, ex art. 28 citata legge, ai soli ufficiali ed agenti di polizia giudiziaria.

Il fatto che alle guardie volontarie delle associazioni venatorie e di protezione ambientale sia riconosciuto, nell’ambito delle funzioni loro assegnate dalla L. 157/92, il potere di accertare violazioni delle disposizioni sull\’attività venatoria ( art. 28, l° e 5° comma L. 157/1992) non comporta automaticamente il riconoscimento nei loro confronti della qualifica di agenti o ufficiali di PG, ai sensi degli artt. 57, 3° comma, e 55, l° comma cpp. Invero la disciplina di cui agli artt. 27, l ° e 2° comma; 28, 2° e 5° comma L. 157192 normativa quest\’ultima successiva a quella di cui al nuovo cpp entrato in vigore il 24/10/89 – contiene le seguenti disposizioni: l) alle guardie volontarie delle associazioni venatorie e di protezione ambientale non viene attribuita la qualifica di agente o ufficiale di PG (art. 27, l° comma lett. b); 2) viene attribuita ai soli ufficiali ed agenti di PG il potere di procedere al sequestro delle armi, della fauna selvatica e dei mezzi di caccia (art. 28, 2° comma); 3) è previsto, per gli organi di vigilanza che non esercitano le funzioni di PG – nel caso che accertino violazioni delle disposizioni sull\’ attività venatoria – la sola funzione di redigere verbali (inerenti ai fatti accertati) e conformi alla legislazione vigente, da trasmettere sia all\’Ente da cui dipendono che all\’Autorità competente (art. 28, 5° comma).

[3] Art. 55 – Poteri di vigilanza venatoria: accertamento e contestazioni

1. Gli organi di vigilanza che non esercitano funzioni di polizia giudiziaria, i quali accertino, anche a seguito di denuncia, violazioni delle disposizioni sull’attività venatoria, redigono verbali, conformi alla legislazione vigente, nei quali devono essere specificate tutte le circostanze del fatto e le eventuali osservazioni del contravventore, e li trasmettono all’ente da cui dipendono ed alla Regione (214 ) ai sensi delle disposizioni vigenti.

2. I soggetti di cui al comma precede nt e provvedono, se possibile, alla immediata contestazione delle infrazioni amministrative con le modalità e gli effetti previsti dall’ art. 14 della L. 24 novembr e 1981, n. 689 .

2 bis. I verbali di accertamento e contestazione sono trasmessi immediata m e n t e alla Regione la quale provvede, quando necessario, alla notificazione dei medesimi.