Direttore Responsabile:

Susanna Della Felice

Coordinatore di Redazione:

Lapo Mariani

parere

Avvocato. Compatibilità con la carica di componente del Consiglio di Amministrazione a condizione che lo statuto non attribuisca ai componenti del CdA alcuna funzione operativa e di gestione.

E' stato chiesto se sia consentito all’avvocato, essere nominato componente del Consiglio di Amministrazione di una società di capitali, senza deleghe per il compimento di atti di gestione, ovvero se ciò possa comportare un motivo di incompatibilità con l’esercizio della professione forense.
Il Consiglio dell’Ordine ha richiamato l’art. 3 del RDL n. 1578/1933 (che dichiara l’incompatibilità tra la professione di avvocato e, tra l’altro, l’esercizio del commercio in nome proprio o altrui, qualunque impiego retribuito pubblico o privato).
Il Consiglio dell’Ordine, nel solco di un consolidato orientamento del Consiglio Nazionale Forense, precisa che l’avvocato che ricopra la carica di presidente o componente del consiglio di amministrazione, di amministratore unico o di amministratore delegato di una società commerciale e che per tale sua funzione disponga poteri effettivi di gestione ordinaria e straordinaria (Consiglio Nazionale Forense, 26 giugno 2003 n. 165) viene a trovarsi nella situazione di incompatibilità prevista dall’art. 3 del RDL n. 1578/1933 (“esercizio del commercio in nome altrui”). Per contro la carica di presidente o componente del consiglio di amministrazione di una società commerciale è compatibile con l’esercizio della professione forense e con l’iscrizione all’Albo, nell’ipotesi in cui all’avvocato non sia stato attribuito per statuto sociale e per successiva deliberazione, alcun potere di gestione dell’attività della società ( Consiglio Nazionale Forense, 12 novembre 1996). E del pari la sola funzione di rappresentanza giudiziale e direzione del consiglio di amministrazione non determina ipotesi di incompatibilità (Consiglio Nazionale Forense, 12 novembre 1996). Pertanto è compatibile con l’esercizio della professione forense e con l’iscrizione all’Albo, la carica di presidente del consiglio di amministrazione o di consigliere di una società commerciale, nell’ipotesi in cui tale funzione comporti compiti meramente interni, limitati al concorso nella formazione della volontà dell’organo collegiale ed all’esercizio di poteri rappresentativi (Consiglio Nazionale Forense, 26 giugno 2003 n. 165). Tale distinzione è presente anche nella giurisprudenza della Corte di Cassazione (Sent. Cass. Civ. Sez. Unite, 5 gennaio 2007 n. 37; Sent. Cass. Civ. Sez. Unite, 24 marzo 1977 n. 1143), che ha inquadrato nell’ipotesi di “ esercizio del commercio in nome altrui” l’assunzione della carica di amministratore delegato di una società commerciale quando, in forza dell’atto costitutivo o di delega del consiglio di amministrazione, tale carica comporti effettivi poteri di gestione e di rappresentanza. Diversamente, anche secondo la Corte di Cassazione, non ricorre situazione di incompatibilità quando l’avvocato, pur ricoprendo la carica di presidente o di componente del consiglio di amministrazione, sia privo dei poteri di gestione.
Pertanto il parere del Consiglio dell’Ordine è nel senso che per evitare l’incompatibilità di cui all’art. 3 cit., l’avvocato possa partecipare al consiglio di amministrazione di una società di capitali svolgente attività di natura commerciale, ma alla condizione che lo statuto non attribuisca ai componenti del consiglio di amministrazione, in quanto tali, alcuna funzione operativa e di gestione, e senza accettare eventuali deleghe da parte del consiglio, ovvero rimuovendo tali deleghe, qualora fossero state attribuite.