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parere

Avvocato. Compatibilità tra esercizio della professione ed incarico di società in accomandita semplice: condizioni.

E' stato chiesto se sia compatibile l'esercizio della professione forense con l'incarico di componente di organo collegiale di  una società in accomandita semplice.
L'articolo 3 del RDL n. 1578/1933 dichiara l'incompatibilità tra la professione di avvocato e, tra l'altro, l'esercizio di commercio in nome proprio o altrui, così come qualunque impiego o ufficio pubblico retribuito ed in genere qualunque impiego retribuito. Pertanto, sono compatibili con l’esercizio della professione forense e con l’iscrizione all’Albo degli avvocati, le condizioni di socio e di presidente o di componente del consiglio di amministrazione di una società commerciale di capitali, quando ciò comporti compiti interni o meramente rappresentativi (Consiglio Nazionale Forense, 26 Giugno 2003, n. 165). Nello stesso senso si è espressa anche la Corte di Cassazione, che ha inquadrato nell'ipotesi di “esercizio del commercio in nome altrui”, l'assunzione della carica di amministratore delegato di una società commerciale, quando tale carica, in forza dell’atto costitutivo o di delega del consiglio di amministrazione, comporti effettivi poteri di gestione e di rappresentanza (Sent. Cass. Civ., Sez. Unite, 5 gennaio 2007, n. 37; Sent. Cass. Civ., Sez. Unite, 24 Marzo1977,n.1143).
Formalmente, alla condizione del componente dell'organo collegiale di amministrazione di una società di capitali, sembra essere equiparabile la condizione di socio accomandante di una società di persone, ma nella sostanza la partecipazione dell'avvocato ad una società di dimensioni più ridotte e di amministrazione diffusa tra i soci, quali sono normalmente società di persone nella quale la funzione di socio di capitale quale è l'accomandante e di socio gestore, può nella pratica sfumare e confondersi.
Pertanto, si rendono necessarie le seguenti precisazioni:


-che l'avvocato non eserciti poteri di gestione con rilevanza esterna, nemmeno per interposta persona e che quindi si astenga effettivamente dallo svolgere attività commerciale, ed in particolare che non riceva dal socio accomandatario alcuna delega e procura di gestione;


-che lo statuto della società escluda la prestazione da parte dell'avvocato accomandante, di qualsiasi tipo di attività all'interno della società e che egualmente lo statuto non preveda la facoltà dell'avvocato accomandante di dare autorizzazioni e pareri per determinate operazioni e di compiere atti di sorveglianza e di ispezione ex articolo 2320 c.c. secondo comma;


-che, avuto riguardo all'oggetto sociale ed alla condizione personale degli altri soci, sia rispettato l'articolo 5 canone secondo del vigente codice deontologico, secondo il quale l'avvocato è responsabile anche per fatti non riguardanti l'attività forense quando tali fatti si riflettano sulla sua reputazione professionale o siano in grado di compromettere l'immagine della classe forense: situazione questa che potrebbe verificarsi, in caso di partecipazione minoritaria a società di persone, quando l'oggetto sociale, ovvero l'attività societaria effettivamente svolta o la partecipazione alla società di soggetti privi di ordinari requisiti di onorabilità, siano tali da pregiudicare la reputazione professionale dell'avvocato.