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Susanna Della Felice

Coordinatore di Redazione:

Lapo Mariani

parere

Avvocato. Conflitto di interesse e socio di società.

E' stata formulata una richiesta di parere in ordine alla configurabilità o meno di ragioni ostative , sotto il profilo deontologico, a svolgere attività di assistenza e consulenza per l’individuazione e l’attuazione di una soluzione funzionale a tentare di risolvere in bonis la crisi di una società di capitali (di seguito la “Società”) di cui è socio usufruttuario (per una percentuale pari al 31,95% del capitale sociale) un soggetto (di seguito il “Cliente”) che l’avvocato (di seguito anche il “Professionista”) ha assistito in un giudizio di revocazione di alcune donazioni fatte dal medesimo in favore dei propri figli. In particolare, la situazione di fatto cui fare riferimento è la seguente: a) in data 14 novembre 2012, il Cliente ha conferito al Professionista incarico di predisporre un’azione di revocazione ex art. 801 c.c. di alcune donazioni fatte dal Cliente medesimo a favore dei propri figli; il giudizio è tuttora pendente; b) in data 15 maggio 2014 l’organo amministrativo della Società (eletto con il voto favorevole del Cliente, socio usufruttuario della Società stessa per una percentuale pari al 31,95% capitale sociale) ha conferito al Professionista incarico di assistenza e consulenza in relazione all’individuazione ed all’attuazione di una soluzione suscettibile di consentire di risolvere la crisi della Società stessa mediante la prosecuzione dell’attività d’impresa (accordo di ristrutturazione dei debiti ex art. 182 bis L.F. o domanda di concordato preventivo ex art. 160 e segg. L.F.); c) con comunicazione in data 14 ottobre 2014, il Cliente (peraltro amministratore e usufruttuario del 100% del capitale di altra s.r.l. creditrice chirografaria della Società) ha comunicato al Professionista di non condividere le proposte prospettate dal Professionista alla Società per addivenire ad una soluzione in bonis della crisi, giudicandole contrarie ai propri interessi; d) in data 14 ottobre 2014, il Professionista ha rinunciato al mandato conferito dal Cliente nel giudizio di revocazione delle donazioni di cui alla precedente lettera (a); e) con comunicazione in data 20 ottobre 2014, il Cliente ha confermato al Professionista la richiesta di astenersi dall’assistere la Società nella fase della presentazione di accordo di ristrutturazione dei debiti ex art. 182 bis L.F. o di una domanda di concordato preventivo ex art. 160 e segg. L.F., giudicando le soluzioni proposte per accedere a dette modalità di soluzione della crisi della Società contrarie ai suoi interessi ed a quelli del proprio coniuge.
La questione prospettata nella richiesta di parere deve inquadrarsi nella tematica del conflitto di interesse di cui all’art.37 del codice deontologico e all’art.24 del nuovo codice di prossima entrata in vigore, nonché in relazione alla disciplina di cui all’art. 51 (assunzione di incarichi contro ex-clienti) e all’art.68 del nuovo codice (assunzione di incarichi contro una parte già assistita). Come è noto, la previsione dell’art. 37 codice deontologico (divieto di prestare attività professionale in conflitto di interessi) risponde all’esigenza di conferire protezione e garanzia non solo al bene giuridico dell’indipendenza effettiva e dell’autonomia dell’avvocato ma, altresì, alla loro apparenza; e ciò in quanto l’apparire indipendenti è tanto importante quanto esserlo effettivamente, dovendosi in assoluto proteggere, tra gli altri, anche la dignità dell’esercizio professionale e l’affidamento della collettività sulla capacità degli avvocati di fare fronte ai doveri che l’alta funzione esercitata impone. Come ritenuto dal CNF, con la sentenza del 27 novembre 2009, n.135, le violazioni dell’art. 37, I canone (contenuto nel 2° comma) e dell’art. 51 del C.D.F. ben possono coesistere, rendendo più grave la posizione dell’avvocato che ne risulti responsabile, in quanto, se è vero che la situazione di conflitto d’interessi
sanzionata dall’art. 37 non può certo venir meno per il decorso di un termine sia pur lungo, è altrettanto vero che l’avvocato che, nell’assumere un mandato successivo, abbia violato l’art. 37, può anche commettere la violazione sanzionata dall’art. 51 quando assuma il nuovo incarico prima del decorso del biennio o quando egli si avvalga di notizie apprese nel corso del precedente mandato.
Occorre, tuttavia, esaminare se in relazione al caso specifico prospettato sussista o meno il conflitto di interessi, considerando che l’attività di consulenza viene svolta in favore di una società, mentre il precedente incarico professionale di difesa in giudizio riguardava un socio della società per questioni inerenti ai suoi rapporti familiari.
Tale circostanza induce, innanzitutto ad escludere la possibilità di applicare la disciplina sopra richiamata concernente l’assunzione di incarichi contro una parte già assistita, stante la necessaria interpretazione tassativa che deve assistere l’applicazione delle disposizioni in materia disciplinare.
Occorre, tuttavia, valutare la sussistenza o meno di un conflitto di interesse, rilevante ai fini deontologici.
Al riguardo, il CNF con la sentenza del 19 ottobre 2010, n.84, ha stabilito che la lettera dell’art. 37 CdF laddove prescrive che “(…) l’avvocato ha l’obbligo di astenersi dal prestare attività professionale quando questa determina un conflitto con gli interessi di un proprio assistito o interferisca con lo svolgimento di altro incarico anche non professionale” è chiara nel denunciare che presupposto applicativo della disposizione è l’esistenza di un conflitto concreto ed attuale, non già ipotetico. Tale interpretazione è avallata dal canone II della medesima norma che, vietando all’avvocato di assumere la difesa di uno dei due coniugi contro l’altro quando in precedenza li abbia assistiti congiuntamente, introduce – secondo l’interpretazione corrente – una previsione speciale che dà rilevanza anche al conflitto solo potenziale (Cass. Sez. unite, 10.1.2006, n. 134); disposizione che non sarebbe stato necessario introdurre se veramente la norma generale, già di per sé, avesse dato rilievo anche ad un conflitto potenziale. Pertanto, secondo il CNF la regola interpretativa da affermare è quella per cui, tranne il caso contemplato dal canone II dell’art. 37, nel quale solo non è necessario verificare se la situazione di conflitto di interessi abbia avuto modo di manifestarsi in concreto, lì rilevando anche quella potenziale, in tutti gli altri casi il conflitto di interessi, per avere rilevanza disciplinare, deve essere concreto ed attuale e, di conseguenza, l’affermazione della relativa responsabilità è il risultato cui si perviene dopo aver riscontrato in che modo, attualmente e concretamente, il conflitto si sia manifestato.
Ritiene il Consiglio che nella vicenda in esame, per le modalità prospettate, non ricorra l’ipotesi di conflitto di interessi. Innanzitutto, l’avvocato ha rinunciato al mandato in precedenza conferitogli dal socio della società, a favore della quale presta la propria attività di consulenza. Inoltre, l’avvocato non assume un incarico contro la parte già assistita, ma svolge attività di consulenza nell’interesse di una società di cui la parte è socio, essendo netta la distinzione tra i due soggetti, giacché quest’ultimo non appare in grado di influire in modo determinante sulla formazione della volontà della stessa società. Infine, occorre ricordare che non si determina conflitto di interesse, qualora il nuovo mandato riguardi una vicenda totalmente estranea, come sembrerebbe, a quella in precedenza trattata. In ogni caso, affinché non ricorra l’ipotesi di conflitto è necessario che il nuovo mandato non determini la violazione del segreto sulle informazioni fornite da altra parte assistita o dal cliente e che la conoscenza degli affari di una parte possa favorire ingiustamente un’altra parte assistita o il cliente.