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Lapo Mariani

parere

Avvocato. Corrispondenza e limiti alla producibilità.

E' stato chiesto se sia possibile produrre in un eventuale giudizio da promuovere per conto di un cliente una lettera raccomandata a.r., già spedita dallo stesso cliente ma mai ritirata, allegata ad una comunicazione e-mail proveniente da un collega, dichiarata espressamente “riservata personale” ma ritenuta utile alla difesa del diritto che si intende azionare in giudizio.
Al riguardo occorre osservare che, come è noto, l’art. 28 del codice deontologico reca il divieto di produrre in giudizio la corrispondenza scambiata tra professionisti in due diverse ipotesi: 1) la corrispondenza tra colleghi qualificata espressamente come tale, ossia “riservata”, e ciò, a prescindere dal suo contenuto oggettivo e dalla sua rilevanza in ordine alla decisione della lite;
2) la corrispondenza che, pur non essendo qualificata espressamente come “riservata”, contenga proposte transattive scambiate tra colleghi.
Pertanto, la prima parte dell’art. 28 citato esclude la possibilità che possano essere prodotte o riferite in giudizio le lettere cui sia stata apposta la clausola “riservata” da parte del mittente, la seconda parte del medesimo articolo riguarda invece quelle lettere che pur non espressamente definite riservate contengano comunque proposte transattive e che sono anch’esse (e dunque come elemento aggiuntivo alla prima limitazione, derivante dall’apposizione della clausola di riservatezza) ritenute non producibili.
La ratio del divieto di produrre la corrispondenza scambiata con il collega è evidentemente quella di garantire all’avvocato in qualsiasi fase, sia giudiziale che stragiudiziale, della controversia, di poter interloquire anche per iscritto con il collega di controparte, senza dover temere che le affermazioni contenute nella corrispondenza indirizzata allo stesso collega possano essere utilizzate -con la produzione di detta corrispondenza o con il riferimento alla stessa – in maniera tale che ne possa risultare danneggiata la parte assistita. (cfr.Consiglio Nazionale Forense, sentenza del 29 novembre 2012, n. 161).
In particolare, per quanto rileva ai fini del presente parere, in tema di corrispondenza tra colleghi, la qualificazione della riservatezza, che rende operativo il divieto di produrla in giudizio ex art. 28 cdf, è lasciata all’insindacabile giudizio del mittente. (cfr. Consiglio Nazionale Forense, sentenza del 29 novembre 2012, n. 159; sentenza del 20 luglio 2012, n. 100).
Tuttavia, nella vicenda in esame, assume un rilievo decisivo la circostanza che la lettera in questione, allegata alla comunicazione inviata per posta elettronica, fosse stata già spedita a mezzo raccomandata a.r. sia allo stesso soggetto che intende avvalersene in giudizio, ancorché non ritirata e non conosciuta, sia all’amministratore del condominio dell’appartamento cui si riferisce la controversia, il quale, invece, l’ha ritirata e conosciuta.
Tale circostanza non consente di attribuire carattere di riservatezza al contenuto della missiva, il cui contenuto lo stesso autore ha già ritenuto di divulgare al diretto interessato e a un terzo, con la conseguenza che per la stessa può non ritenersi applicabile il divieto di cui all’art.28 del codice deontologico.